Un altro lockdown: che emozioni stiamo provando? Ce lo spiega Elisa Veneziani
Durante la diretta instagram “20 minuti con…” di venerdì scorso abbiamo analizzato assieme a Elisa Veneziani quali sono gli effetti psicologici ed emotivi di questo secondo lockdown in relazione ad alcune fasce della popolazione, e cosa significa essere psicologi oggi.
L’ospite di oggi è Elisa Veneziani, psicologa e psicoterapeuta in formazione ad indirizzo Cognitivo-comportamentale. Non è nuova nell’ambiente di Pass, ma con alcuni suoi colleghi dell’associazione PsychoArea Young ha già collaborato alla stesura di quattro articoli proprio sul tema del lockdown.
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Quali sono gli effetti psicologici per i quali quest’ultimo lockdown si differenzia dal primo?
Nonostante sia passato già un anno e la situazione sembri essere la stessa, gli effetti di quest’ultimo lockdown sono diversi rispetto al primo. Un anno fa ci trovavamo in una situazione nuova e poco conosciuta, provocando in noi emozioni di ansia, paura e incertezza. Mentre in questi giorni, proprio a causa del lungo periodo di restrizioni, i sentimenti più frequenti sono tristezza, depressione e rabbia.
Tutte queste emozioni danno come risultato una generale stanchezza emotiva nei confronti di una situazione ingiusta e incontrollabile. I principali sintomi attraverso cui si manifesta sono apatia, demotivazione, rassegnazione e sonnolenza ma al contempo insonnia, perché fatichiamo ad adattarci alle nuove abitudini. Tutto ciò naturalmente fa capo a un sistema mentale ed emotivo in sovraccarico. Le cause principali del sovraccarico sono il continuo bombardamento di notizie negative e il grande investimento di tempo ed energia che la ricerca di stabilità richiede.
Se dovessimo stilare una classifica, quale sarebbe la fascia di popolazione che ci sta rimettendo di più in questo momento?
Come riportato da alcuni studi, una fascia d’età molto colpita è quella dei giovani al di sotto dei 35 anni, cioè adolescenti, pre-adolescenti, ma anche giovani intorno ai 30-35 anni.
Le particolari difficoltà per queste fasce sono conseguenza delle loro abitudini?
Il disagio che provano in questo periodo dipende proprio dalla necessità di relazionarsi. Prendendo il caso di pre-adolescenti e adolescenti: in questa fascia d’età è fondamentale il confronto per costruire la propria identità. Limitare la componente della socialità significa incidere sullo sviluppo delle competenze emotive e sociali. Mentre per quanto riguarda la fascia fra i 30-35 anni, risentono di questa situazione perché in questa fase si è protesi verso la progettualità, difficile in uno stato d’incertezza lavorativo e relazionale.
Come stanno reagendo gli adolescenti all’isolamento sociale da un punto di vista strettamente comportamentale?
L’isolamento ha causato un aumento degli stati d’ansia e depressione, a seguito anche dello stato d’incertezza in cui vivono molte famiglie, che viene assorbito dai ragazzi. Rilevate è inoltre l’aumento dei casi di aggressività e dei disturbi dell’alimentazione.
In particolare quest’ultimi hanno registrato un aumento del 30% proprio nella fascia adolescenziale, senza contare come si sia abbassata l’età di esordio dei disturbi. È proprio l’isolamento a provocare un rapporto disfunzionale con il cibo, perché privando le persone di occasioni di confronto le si porta a focalizzarsi molto su se stessi e sul proprio corpo. Inoltre critici sono i casi con precedenti, che hanno maggiore occasione di alterare il loro rapporto con il cibo essendo a casa e avendolo sempre a disposizione.
Quali saranno invece i risvolti per i bambini?
Anche i bambini più piccoli, che hanno bisogno dei rapporti sociali per conoscersi e sperimentarsi emotivamente, stanno risentendo del mancato contatto con i coetanei. Si teme che nel momento di ritorno alla normalità possano esibire vuoti e lacune a livello di socialità. Sarà senza dubbio necessario trovare un modo per compensare queste mancanze.
La figura dello psicologo è vista come un tabù dalla società e dire di essere in cura è da coraggiosi. Percepisci molto il peso di questi pregiudizi sulla tua professione?
Rispetto a qualche decennio fa si sta osservando un’apertura, permettendo a questi tabù di scomparire gradualmente, anche se la difficoltà principale sta proprio nel riconoscere la necessità della figura dello psicologo. Molto dipende dal fatto che la salute mentale non si vede a differenza di una malattia fisica, ma incide anche il falso mito che lo psicologo debba intervenire solo quando si è nello stadio più acuto di un disturbo. Ci si auspica che la salute mentale venga considerata di pari passo con quella fisica e che chiedere aiuto sia interpretato come un atto di coraggio e soprattutto di cura. È molto importante ricordare che i disturbi psicologici si possono esprimere in vari stadi e che individuare un problema quando non è ancora debilitante, significa facilitarne la risoluzione.
Intervista di Chiara Cavaterra
Save the date: 20 minuti con Culturit Verona
Il prossimo appuntamento di “20 minuti con…” sarà questa stasera venerdì 26 marzo in diretta su Instagram (@passunivr) alle 20:45 con Federico Siena per Culturit Verona, associazione di studenti che fa parte di una rete internazionale. Insieme al nostro Alessandro Bonfante scopriremo le attività organizzate dall’associazione.
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