UDU: LA PERSONA AL CENTRO
Intervista a Laura Bergamin, Unione degli universitari.
La redazione di Pass ha deciso di intervistare un esponente per ognuna delle 3 liste candidate al CDA e al Senato accademico. Parliamo quindi con Laura Bergamin, esponente di UDU candidata al Senato accademico per la magistrale.
Come descriveresti UDU a uno sconosciuto?
«Udu è un’associazione studentesca e sindacale composta da studenti e studentesse che condividono delle battaglie volte al miglioramento delle condizioni di chi frequenta l’università di Verona. Come dice il nome stesso, Udu è un’unione di universitari, che chiede maggiore apertura e accessibilità all’Ateneo ma non solo, Udu si muove infatti anche in città, su questo abbiamo una visione completa, a 360 gradi. La nostra è una lista che porta avanti valori antifascisti e trans-femministi».
Cosa pensi dell’attuale condizione universitaria a Verona e in generale in tutta Italia?
«L’università di Verona è in movimento e si sta allargando ma a questa forte crescita non corrisponde un’apertura. Il nostro Ateneo sembra avere pochi spazi e dunque occorre ampliarli: non è possibile essere costretti a seguire le lezioni senza un posto a sedere. Altri problemi riguardano l’accessibilità: per le borse di studio vediamo troppi idonei non beneficiari e questo ci fa arrabbiare.
Vogliamo che il nostro Ateneo sia un motore di innovazione, un modello di svolta che stia al passo coi tempi e per alcuni versi già lo fa, basti pensare alla carriera alias, presente da diversi anni e che ora deve essere estesa anche all’ESU. Occorre inoltre dedicare maggiore attenzione all’ascolto e alle soggettività.
I problemi di Verona hanno una matrice regionale o addirittura nazionale, dopo la pandemia si è registrata una forte crescita in termini di iscrizioni, accompagnata però da una svolta più conservatrice: le garanzie offerte sono poche. Sembra che, in Italia, le università non abbiano più le persone al centro e non pensino dunque a chi fatica a permettersi l’iscrizione e il proseguimento degli studi, mettendo così da parte anche il benessere che, invece è fondamentale. Sta dominando un’università del merito, poco attenta a fornire mezzi e possibilità di conciliare ad esempio studio e lavoro. L’università non è una competizione e pertanto non deve esserci concorrenza».
Hai parlato di merito. Cosa ne pensi del ministero dell’Istruzione e dell’aggiunta che il dicastero ha subito?
«Il concetto di merito è sbagliato. La retorica del “se vuoi, puoi” attribuisce poco impegno a chi non riesce, non tenendo conto di altre dinamiche che concorrono, oltre alla volontà. Mettere il merito al centro è sbagliato, perché lì deve esserci la persona, che non può e non deve essere subordinata ai suoi risultati. Pensiamo che l’indirizzo intrapreso da questo governo sia sbagliato e offensivo».
In una situazione in cui tutti possono godere degli stessi strumenti invece? Si può in quel caso parlare di merito?
«Non siamo tutti uguali e non bastano solo gli aiuti economici. In una pluralità di soggettività non si può parlare di merito perché c’è troppa diversità e la situazione è troppo complessa per utilizzare il termine. L’uguaglianza in partenza è utopica».
Quali sono le priorità di UDU?
«Classificare le priorità è difficile, non ci sono tematiche meno importanti di altre. Il programma contiene tanti argomenti ed è importante parlare di tutto. È una priorità il diritto allo studio, un’università in crescita necessita di più case e dunque occorre impegnare l’Ateneo, le istituzioni comunali, l’ESU e gli enti pubblici e privati in un’azione collettiva. Un terzo degli studenti è fuori sede: servono più alloggi.
Non meno importante è il tema delle borse di studio: servono più fondi perché gli idonei non beneficiari sono troppi. Servono riforme strutturali che garantiscano supporti, garanzie e che coprano totalmente la quantità richiesta.
I tirocini sono prioritari, ma devono essere realmente formativi e non limitarsi a chiedere allo studente di fare le fotocopie. Penso ad esempio ai sanitari, quasi sempre costretti all’osservazione ma abilitati ad agire e a lavorare. I tirocini devono inoltre essere retribuiti, o almeno prevedere un rimborso spese, per evitare di essere più simili allo sfruttamento che all’esperienza formativa.
Il benessere deve essere al centro e non messo in secondo piano, per questo è fondamentale aumentare la disponibilità psicologica ed avere degli sportelli di counseling. Così come l’università, anche la comunità internazionale è in espansione e tuttavia, il personale è ancora poco in grado di soddisfare le richieste di questi studenti. I punti sono tanti, gli studenti meritano il meglio, infatti il nostro motto è: “Ora, di più”».
Come vede UDU il legame tra università e mondo del lavoro?
«Questa connessione esiste e lo stage ha il compito di avvicinare questi due mondi. Per farlo però, serve tutelare i diritti di quelli che saranno i futuri lavoratori.
Noi siamo un’associazione sindacale, spesso accusata di essere in qualche modo subordinata alla CGIL, di cui alle volte siamo considerati i “servi”. Ovviamente non è così, essendo entrambe associazioni sindacali, il confronto è importante e naturale. Non c’è alcuna dipendenza, solo una convergenza su battaglie e ideali comuni.
Udu è un’associazione completamente autonoma. Reputiamo importante dibattere ed ascoltare ma manteniamo sempre ben intatta la nostra linea di pensiero, la nostra autonomia riflessiva».
Le borse di studio? Per rendere l’università più accessibile ed in un certo senso inclusiva è sufficiente estenderle o occorrono altre manovre? Il modo in cui vengono assegnate va migliorato?
«I temi principali sono 2: le borse di studio e le soglie ISEE e ISPE.
Pensiamo servano più fondi per garantire una copertura massimale degli idonei, come già detto in precedenza, gli idonei non beneficiari sono troppi e questa figura deve essere eliminata. Occorre anche rivedere i criteri che assegnano gli status di pendolare e fuori sede. La trattenuta mensa della borsa di studio, infine, deve essere resa facoltativa, soprattutto per quei poli che non dispongono del servizio.
Udu propone inoltre di aumentare le soglie ISEE e ISPE, portando la no-tax area a 30.000 euro. Servono più fondi per garantire il diritto allo studio e dunque per sostenere gli studenti. L’università non deve essere un lusso e deve quindi essere accessibile a più persone possibili. È importante muoversi verso la gratuità».
Dal vostro programma e dalle vostre parole emerge l’intenzione di agire non solo in ottica universitaria ma anche cittadina e un caso è quello riguardante i trasporti. Lo sviluppo cittadino coincide con quello universitario?
«È impossibile scindere la dimensione universitaria da quella cittadina, anche alla luce dell’elevato numero di studenti fuori sede. Comune e università devono parlarsi e mettere lo studente al centro, non relegandolo a una realtà di contorno.
Prima di iscrivermi all’università sentivo spesso parlare di Padova come città degli studenti e di Verona come città dei lavoratori. La comunità studentesca però c’è e merita di essere riconosciuta. Le comunicazioni devono essere nette, rapide e accessibili. I due mondi devono essere connessi e i temi sono molti: dai trasporti con la provincia all’emergenza abitativa».
Il tema degli alloggi rappresenta un grave problema per i fuori sede.
« Udu propone sussidi per i fuori sede, una sorta di bonus affitti che però spinga a riforme complete, anche per uscire dalla logica dei bonus senza interventi strutturali.
Siamo in una situazione di emergenza ma non possiamo ragionare sempre in questo modo; dunque, il problema va affrontato e risolto. Serve un dialogo tra università e Istituzioni comunali.
Un po’ di mesi fa abbiamo creato un gruppo telegram per la ricerca degli appartamenti, gruppo densissimo che però fatica a trovare alloggi. Alcuni studenti trovano un appartamento ma sono costretti a rinunciare a causa dei prezzi che, sono altissimi. Altri non riescono proprio a trovare: serve un piano di costruzione e ristrutturazione.
Tema fondamentale è quello della salute dei fuorisede. Questi studenti, seguendo un determinato procedimento, possono riuscire ad avere un medico di base ma i servizi devono essere di più e più accessibili. Penso ai consultori, al momento riservati a residenti e che devono essere fruibili anche a chi è fuori sede.
Serve più attenzione, al fine di garantire un benessere a 360 gradi. Vorrei inoltre parlare dei pendolari, molto spesso dimenticati e costretti a grandi sforzi, fisici e psicologici, come nel caso dei sanitari. È difficile fare certi orari se non si risiede in città».
Il servizio psicologico funziona così com’è o necessita miglioramenti?
« Ricordo che qualche anno fa si vennero a creare liste d’attesa di addirittura 3 mesi, in parte ridotte dall’aggiunta di un secondo specialista.
Questo scenario, che non deve ripetersi, fa capire l’importanza di una tematica spesso dimenticata. Del servizio psicologico infatti si parla poco, ma quando gli studenti ne vengono a conoscenza, la richiesta è molta.
Il servizio va implementato: gli studenti hanno bisogno di risposte a breve termine e le liste d’attesa lunghe costringono ad andare da privati o a rinunciare.
Il supporto psicologico rappresenta un’esigenza nazionale per tutti gli studenti, come dimostrato da una campagna Udu-Rete degli studenti medi chiamata “Chiedimi come sto”. Quell’indagine nazionale ha infatti dimostrato come 9 studenti su 10, a seguito della pandemia, manifestino un forte disagio psicologico».
Udu ha ottenuto un importante vittoria, ovvero l’istituzione del garante degli studenti. Cosa pensi di questa figura?
«Penso che sia una figura fondamentale, in cui Udu ha sempre creduto.
L’attuale organizzazione della rappresentanza fa sì che un singolo rappresentante rappresenti un’ampia fetta di studenti e dunque rende necessaria la presenza di una figura che si ponga come un prezioso interlocutore, ascoltando gli studenti e supportando i rappresentanti.
Il garante, che già esiste in altre realtà, come l’università degli studi di Bologna, ha il compito di ascoltare gli studenti e di comprendere le problematiche, per avere una precisa e dettagliata visione dell’università.
Questa è stata una vittoria importante degli ultimi 2 anni, siamo felici di aver ottenuto questa figura in seguito a un processo lungo, fatto di dialogo e rielaborazione continua».
Perché è importante votare?
« Me lo sono chiesta quando mi sono candidata. Votare è importante perché così facendo si dà spazio a una voce che deve essere ascoltata. Gli studenti hanno un peso e se si partecipa questo peso cresce.
Noi tutti viviamo l’università e pertanto è giusto essere parte attiva e non una comunità che si limita ad ascoltare e subire.
È importante dialogare con tutti quegli studenti che non votano perché non si sentono rappresentati. A loro diciamo: “parlateci, raccontatevi, sfogatevi se ne avete bisogno”».
Perché votare Udu?
«Perché Udu è un gruppo che si mette in gioco, garantendo una rappresentanza attiva con assenze scarse o nulle. Udu c’è, così come c’è stata negli ultimi due anni, ricchi di dialogo e confronto, anche tra rappresentanti. Saremo molto presenti ed è proprio questa connessione a rendere forte l’Unione degli universitari e a permettere di portare avanti battaglie congiunte, con rappresentanti di diversi dipartimenti.
Udu vuole portare avanti nuove battaglie e continuare il lavoro fatto, per rendere l’università un posto migliore. Le tematiche importanti sono molte: dalla nostra mozione per fornire assorbenti gratuiti alla discussione sulla didattica, passando per l’elezione del rappresentante ESU, oltre a tutto ciò che esposto nel nostro programma. Abbiamo fatto e vogliamo continuare a fare, vogliamo di più!».