Stranamente surreale: Tutti i figli di Dio danzano
È surreale tutto ciò che è assurdo, fuori dalla norma, fuori dal reale. Murakami sa bene di cosa parla, e il suo libro “Tutti i figli di Dio danzano” né è la prova.
Per leggerlo sono necessari quattro occhi: due per seguire le sei trame che ci propone lo scrittore e i restanti per studiare a fondo la struttura della raccolta, ricca di curiose coincidenze. Il nostro sguardo di lettore però deve essere molto attento e disposto a ragionare su più piani spaziali. Solo i lettori più superficiali continueranno a credere che l’unico punto di convergenza fra i racconti sia il terremoto di Kobe. Difatti vengono presentati spesso elementi metatestuali, che mettono in relazione ogni storia con la sua posizione fisica all’interno del libro. Analizzando più nel particolare proprio la struttura della raccolta possiamo notare come i racconti siano disposti in maniera simmetrica:
- “Atterra un ufo su Kushiro”: un racconto senza finale, caratterizzato da personaggi con atteggiamenti estranei alle norme sociali e dell’educazione, che agiscono senza un perché;
- “Paesaggio con ferro da stiro”: un racconto senza finale, nel quale si fatica a comprendere il pensiero del scrittore;
- “Tutti i figli di Dio danzano”: racconto senza una precisa fine né inizio (neanche il protagonista sa perchè si trova in quella situazione), caratterizzato da una lunga digressione;
- “Thailandia”: racconto senza una precisa fine nè inizio (inizio in medias res, spiegato solo in seguito), marcatamente riflessivo con strascichi sentimentali e nostalgici;
- “Ranocchio salva Tokyo”: storia avventurosa di impronta kafkiana con finale molto deciso;
- “Torte di miele”: racconto dal finale risolutivo.
Inoltre si può notare come l’autore abbia voluto raccogliere in questo libro un campionario delle diverse tipologie di scrittura, che potrebbero quasi essere definite come 6 modi di esprimere il surreale: dal più classico ed avvincente in stile kafkiano “Ranocchio salva Tokyo” a quello più intrinseco ma non per questo meno misterioso di “Paesaggio con ferro da stiro”; senza contare i testi in cui sono gli stessi personaggi a incorporare l’elemento surreale come in “Atterra un ufo su Kushiro”, “Torta di miele” e “Thailandia”; o quelli immersi invece in un ambiente surreale come in “Tutti i figli di Dio danzano”.
Inoltre il secondo testo, “Paesaggio con ferro da stiro”, rappresenta l’emblema di Murakami: anche quando si leggono “parole destituite di senso”, un filo impercettibile ci impedisce di staccarci dal racconto e soprattutto di arrenderci nel trovare un senso a quella storia così banale. Una vicenda talmente piatta per le reazioni dei personaggi da portarci a pensare che sia proprio quello l’intento dello scrittore, che manifesta una grandissima abilità nel far percepire la noia che provano i personaggi nella quotidianità, nonostante allo stesso tempo continuino ad essere trascinati inesorabilmente verso la morte da una continua routine, come il lettore alla fine del libro.
Non è semplice stare dietro a Murakami, e quando si inizia a leggere un suo libro si deve partir prevenuti: non ci sarà concesso capire tutto. “Anche usare il cervello a volte non serve” e certe cose sono belle proprio perchè non siamo in grado di capirle, e nonostante tutto vanno avanti.