The Lady: l’amore per la libertà

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Aprile è arrivato e noi di Pass abbiamo deciso di dedicare la rubrica culturale di questo mese ad alcuni vincitori del Premio Nobel. Nelle ultime settimane abbiamo assistito impotenti ai recenti conflitti tra Ucraina e Russia vivendo a distanza attimi di sconforto e angoscia. Ecco perché oggi apriamo la rubrica con la storia di Aung San Suu Kyi, vincitrice del Premio Nobel per la Pace nel 1991 per la sua lotta contro il regime dittatoriale in Birmania.

Aung San Suu Kyi vive a Londra con la sua famiglia quando un giorno riceve una telefonata dalla Birmania dove le viene riferito che sua madre sta male. Senza troppe esitazioni saluta temporaneamente suo marito e i suoi due figli e parte per la sua terra natia. I ricordi felici di un’infanzia trascorsa nel giardino della bella villa di famiglia sembrano molto lontani e si interrompono quando lei ha due anni e suo padre – generale e politico birmano a favore dell’indipendenza – viene assassinato dagli avversari. Da allora sono passati tanti anni.

È il 1988, la Birmania è in mano alla violenta dittatura militare e per Aung San Suu Kyi non è facile portare un nome così ingombrante. Le proteste e le rivolte da parte del popolo sono numerose. Sognano una nazione democratica, in pace e libera dalla dittatura e la donna si rende conto che non può più stare in disparte a guardare. Decide quindi di prolungare la sua permanenza in Birmania seguendo le orme di suo padre candidandosi come segretario generale della neonata Lega Nazionale per la Democrazia e invocando così nuove e urgenti elezioni politiche. La sua famiglia la raggiunge da Londra pronta a starle accanto con orgoglio e questo la stimola ulteriormente a proseguire con la sua campagna.

Da quel momento la sua vita cambia drasticamente. La gente vede nella figlia dell’ex generale Aung San il simbolo della libertà che tanto sogna e decide di assistere ai suoi comizi, nonostante le ripetute minacce da parte degli avversari che fanno di tutto per scoraggiare la donna. Infatti, mentre alcuni dei suoi collaboratori vengono sequestrati, i militari si fanno ancora più violenti con il popolo birmano cercando di dissuaderlo nel sostenerla. Ben presto però, anche la donna viene confinata agli arresti domiciliari nella sua casa di famiglia, costretta a convivere con i soldati del regime.

Nel frattempo suo marito, tornato qualche mese prima in Inghilterra con i figli, si ammala gravemente e questo spinge Aung San Suu Kyi a voler raggiungerlo al più presto per assisterlo. Le viene riferito però che una volta lasciata la Birmania non potrà più farvi ritorno, esattamente come era stato imposto alla sua famiglia. Lo scopo è chiaro: il regime cerca di isolare la donna dai suoi affetti, la teme poichè non è più sicuro di riuscire a controllare il popolo e decide così di torturarla psicologicamente costringendola ad abbandonare la sua lotta verso la democrazia.

Aung San Suu Kyi durante un suo comizio per la libertà e la democrazia.

La donna si ritrova così a dover fare una scelta difficile: tornare a Londra per assistere suo marito e stare accanto ai suoi figli o rimanere in Birmania e combattere pacificamente con i suoi sostenitori per una nazione democratica e finalmente libera. Una decisione straziante che verrà mitigata grazie al sostegno della sua famiglia che, sebbene da lontano, la supporterà e crederà in lei. Alla fine, con il cuore spezzato, sceglierà di onorare i suoi doveri politici e verrà quindi candidata come nuovo primo ministro della nazione.

Aung San Suu Kyi ha lottato per la democrazia sulle orme di suo padre. Ha sfidato il regime senza abbassare mai la testa divenendo simbolo di speranza e pace per tutto il popolo birmano. Le armi della sua battaglia sono sempre state il dialogo e la pace e grazie a questo le conferirono nel 1991 il Premio Nobel per la Pace. Purtroppo, a causa delle restrizioni imposte dal regime e l’impossibilità quindi di lasciare la Birmania, non riuscì partecipare alla cerimonia di consegna e venne quindi sostituita dalla sua famiglia. Questo però fu per lei un grande segno: non era sola a lottare per i diritti e la libertà del suo popolo e il mondo, attraverso il PremioNobel, le stava dimostrando che era dalla sua parte.

Un simbolo non solo di pace ma anche di parità di genere. Una donna che, in una paese fortemente maschilista come la Birmania, ha saputo farsi ascoltare con coraggio e intelligenza da chi provava a zittirla. Inoltre Aung San Suu Kyi riuscì a ricoprire un ruolo politico che solitamente spettava agli uomini dimostrando alle donne birmane che una donna, se vuole, può essere qualsiasi cosa: madre, moglie e candidata a primo ministro. Nonostante un lungo periodo di vita trascorso lontano dalla sua terra e il matrimonio con un uomo inglese, Aung è riuscita a ottenere il consenso dei cittadini birmani che hanno visto in lei un faro di speranza che li ha guidati verso la libertà e la democrazia.

Aung San Suu Kyi confinata agli arresti domiciliari nella sua casa in Birmania.

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