SWAP PARTY: LA RINASCITA DEI CAPI USATI
Socializzare tra uno scambio di vestiti e l’altro, dare una nuova vita a capi che non si indossano più, essere ecosostenibili: tutto questo grazie allo swap party.
Un armadio pieno di vestiti ma nessuno che ci convince a pieno. Ci lamentiamo di non avere nulla o di aver sbagliato il nostro shopping, solo perché magari ci manca quella giacca oversize che abbiamo visto ad un’amica, una maglietta più versatile o delle scarpe più aggressive. Oggi Pass Magazine vi propone un’iniziativa che vi permette di rinnovare il vostro armadio senza spendere nemmeno un centesimo. Non solo una scelta economica ed ecosostenibile, ma anche un’occasione di socialità: lo swap party!
Mercoledì 12 ottobre si è tenuto al Polo universitario Santa Marta il primo swap party veronese organizzato da Udu. Abbiamo chiesto ad Emma Menespà, studentessa di Univr e membro di Udu Verona, di spiegarci come si è svolta questa iniziativa.
L’intervista ad Emma Menespà
Cos’è uno swap party?
Lo swap party nasce inizialmente in America da una pratica che si era diffusa già negli anni 70, per poter cambiare il proprio guardaroba senza dover acquistare nuovi vestiti. Le persone raccolgono gli abiti che non indossano più e danno vita ad uno scambio di indumenti usati. In questo modo si è più ecosostenibili e si creano nuovi legami tra coloro che hanno condiviso dei capi.
Com’è nata l’idea di organizzarne uno in Univr?
Un giorno una ragazza ha scritto su una chat di gruppo chiedendo se qualcuno volesse prendere i suoi vestiti che non indossava più. La risposta è stata talmente positiva che ci è venuta l’idea di espandere questa iniziativa e di mettere su un vero e proprio swap party in cui tutti potevano portare i vestiti che volevano e scambiarli. È un progetto che in fondo nasce da un’abitudine già abbastanza comune di prestarsi vestiti tra amici.
Come si è svolta l’iniziativa?
Le persone potevano portare non solo vestiti ma anche accessori e libri. Per ogni oggetto consegnato al banchetto veniva dato un gettone con cui poi si potevano prendere altri articoli in cambio. Abbiamo scelto di non attribuire un valore monetario a tutto ciò che veniva offerto, in modo che le persone si sentissero libere di donare e scambiare quello che volevano senza alcun limite, nemmeno di genere, dato che i capi non erano divisi tra maschili e femminili.
Come ti sei sentita quando hai visto qualcun altro prendere qualcosa che era tuo?
È stata una sensazione strana ma anche un’occasione di socialità. Quando ho visto che una ragazza aveva preso un mio vecchio capo ho subito parlato con lei. Ogni oggetto porta dietro con sé un ricordo o una storia particolare: lo swap party serve proprio ad attribuire un significato alle nostre cose e a dare loro una nuova vita, passando il testimone a qualcun altro.
I capi che avete ricevuto appartenevano tutti allo stesso stile? Quali sono stati gli articoli più gettonati?
Sul nostro banchetto c’erano capi e accessori degli stili più svariati. Molte persone hanno anche portato oggetti che appartenevano ai loro genitori, creando un connubio tra vintage e moderno. Tra gli oggetti proposti sono andate a ruba t-shirt, felpe, abiti mentre tra gli accessori hanno riscosso molto successo le borse, che a fine giornata erano proprio sold out.
Cosa ne farete delle rimanenze?
Stiamo ancora decidendo cosa fare, probabilmente organizzeremo un altro swap party ma questa volta i capi avranno anche dei bigliettini con frasi scritte dai proprietari degli articoli. Se dovessimo avere ulteriori rimanenze, ci accorderemo con diverse associazioni per dare questi indumenti in beneficenza.
Qual è stato il riscontro di questa iniziativa?
Abbiamo ricevuto molti più oggetti di quelli che ci aspettavamo. Le persone si sono rivelate davvero generose ed è stato un momento di socialità. Abbiamo pensato allo swap party come un’iniziativa completa in grado di unire il tema della sostenibilità al tema del riciclo e del risparmio, con la possibilità di stringere anche nuovi rapporti.
Quando un vestito assume un significato
Eventi come lo swap party servono ad unire la comunità, apparentemente omologata eppure così diversa e in continuo cambiamento. I giovani al contrario di molte false credenze, non si vestono tutti allo stesso modo. I grandi marchi hanno di certo influito sulle scelte giovanili, creando abiti che cercano di seguire una linea generale più o meno uniforme, ma ogni ragazzo e ragazza comunica dei messaggi attraverso gli accessori e i vestiti che preferisce indossare e che diventano portatori della sua personalità. Scambiarsi i vestiti non significa solo acquisire nuovi capi e sbarazzarsi di altri, significa anche scambiare pezzi del proprio passato e frammenti del proprio carattere.
Vibes dell’evento: “I vestiti non significano nulla, finché qualcuno non inizia a viverci dentro”
Annachiara Bartocci