Se spari, io sparo. Ma prima ci rido su
“The Sisters Brothers” di Jacques Audiard, acclamato al Festival del cinema di Venezia 75
di Beatrice Castioni
Due fratelli che non potrebbero essere più diversi: Charlie è impulsivo, scontroso e ama il vino e le donne. Eli invece è il più riflessivo e sensibile, apprezza la compagnia e cerca di risolvere i problemi che il fratello causa di volta in volta. I due lavorano insieme, ma come tutti i fratelli che si rispettino non vanno sempre d’accordo e così battibecchi e incomprensioni sono all’ordine del giorno.
Una famiglia normale che tuttavia ha un lavoro inusuale: i Sisters sono pagati dal Commodore dell’Oregon per eliminare i suoi nemici in modo veloce ed efficace. La loro fama infatti li precede e sono temuti da tutti gli abitanti del Far West. Arriva l’ennesimo colpo da portare a termine: far sparire un chimico che ha rubato al loro capo e che sembra aver scoperto il metodo per scovare l’oro dai letti del fiume. Non tutto però va come previsto.
Il regista francese Jacques Audiard, amato per il suo doloroso e conflittuale sguardo sull’amore in “Un sapore di ruggine e ossa”, qui ci propone il genere cinematografico che divenne grande negli anni ’40 e ‘50, quello western, ma lo destruttura in chiave moderna. Una rocambolesca avventura divertente e piena di colpi di scena che si avvale di un cast coi fiocchi: John C. Reilly nei panni dell’introverso e protettivo Eli e Joaquin Phoenix in quelli dello sregolato Charlie rappresentano quel selvaggio West fatto di sparatorie e corse sfrenate nella inospitale Monument Valley. Jake Gyllenhaal è invece il riflessivo detective Hermann Kermit Warm, scelto per catturare e consegnare nelle mani dei Sisters il geniale chimico Morris / Riz Ahmed. I due sono la faccia dell’Est civilizzato e si scopriranno con sorpresa complici. Una storia che sotto i cappelli di un competente quanto improbabile gruppo di cowboy nasconde anche un lato di profonda umanità.