Se questo è giornalismo
Ha fatto molto discutere un articolo della Repubblica sulla morte di Chiara Ugolini, 27 anni, uccisa il 5 settembre nella sua casa a Calmasino, in provincia di Verona. Ha fatto discutere perché non ci si aspetta che la descrizione di un fatto tragico come questo, sulle pagine del secondo quotidiano d’Italia per diffusione, possa offendere la dignità di una persona con una narrazione distorta e alimentando stereotipi su scala nazionale.
di Ester Perin
Vi racconto una storia al contrario. «Bello e impossibile. Alto, biondo, un ragazzo che camminava sereno incontro alla vita. Poi è arrivata la scimmia cattiva che vuole sorprendere, violentare, prendersi il vicino di casa che le diceva solo ciao, mai niente di più. “Ho avuto un raptus, gli ho dato solo una spinta”. Lui voleva solo sposarsi, aveva trovato l’amore, beato lui. Era diffidente, se qualcuno suonava alla porta chiedeva sempre chi era. Non apriva facilmente, era uno con la testa sul collo. Ma quel giorno sì è fatto una doccia, si è rivestito, solo dei pantaloncini a coprire gli slip».
Se qualcosa in questa storia stona, è perché non è così che siamo abituati a leggere le notizie. Se qualcosa in questa storia stona, è perché il giornalismo ha sbagliato. Non sappiamo ancora parlare di femminicidio. Non sappiamo ancora parlare della prevaricazione maschile senza usare i termini “raptus” o “animale”.
Per scrivere un articolo sullo stupro c’è ancora bisogno di romanzare, addolcire i personaggi, come fossero protagonisti di una storia Disney che alla fine ci concede in dono una morale, un qualcosa su cui riflettere.
Cosa c’è da riflettere? È stata uccisa Chiara Ugolini. E non c’è bisogno di sminuire l’assassino, perché anche lui ha un nome e un cognome. Non c’è bisogno di puntare i riflettori sulla vittima descrivendo quanto fosse desiderabile perché a me, lettrice, interessa solo sapere che la nostra cultura deve ancora cambiare, che è l’ennesimo esempio di quanto io mi debba sentire insicura, di quanto io mi debba ancora sentire oggettificata agli occhi di altri. Perché poteva succedere a me. Poteva succede a chiunque.
Sto preparando un esame in università, si chiama “diritto della comunicazione editoriale”. L’Art. 2 dell’ordinamento dei giornalisti, legge 69/1963 dice che è diritto del giornalista «la libertà di informazione e di critica, limitata all’osservanza delle norme di legge dettate alla tutela della personalità altrui ed è obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti». La notizia deve inoltre rispettare utilità sociale, continenza, buona fede ed essenzialità. Vi sembrano rispettate?
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