Proclamazione in Arena, il sogno è ancora lì. Lettera aperta al Rettore

Arena di Verona, piazza Bra
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Dopo la precedente lettera aperta al sindaco di Verona Federico Sboarina, Salvatore Nucera, uno dei tanti laureati in tempo di Covid, alimenta ancora il sogno della proclamazione in Arena. Ora si appella al Rettore dell’Università di Verona.

Lo scorso maggio abbiamo pubblicato la lettera aperta inviata al sindaco dal neolaureato Salvatore Nucera, pubblicata e ripresa anche da altre testate veronesi. La conclusione del percorso di Giurisprudenza, per lui come per molti altri studenti e studentesse degli atenei di tutta Italia, è stata davanti a uno schermo. La proposta era già circolata sia in ambienti universitari (in particolare con Oltre), sia un consiglio comunale (con una mozione sul tema votata favorevolmente). A questo link la ricostruzione della storia della proposta.

Di seguito la lettera aperta di Salvatore Nucera

Al Rettore dell’Università di Verona, Pierfrancesco Nocini

Magnifico Rettore, sono Salvatore Nucera, neolaureato presso l’Università degli Studi di Verona, ed è con rinnovata ed autentica speranza che Le scrivo queste parole.
Esattamente tre mesi fa, saputa la riapertura dell’Arena per la stagione lirica, mi permisi di rilanciare un’idea già avanzata – ben un anno fa – dal Consiglio Studenti e condivisa dall’odierna amministrazione comunale, avente ad oggetto la celebrazione dei festeggiamenti in Arena per coloro che hanno visto negarsi quella proclamazione solenne, momento tanto atteso da chi ha avuto la fortuna di frequentare le aulee universitarie e la vita accademica, in altre parole, di tutti coloro che si sono sentiti parte di quella Universitas di arti e di scienze, alla quale avremmo desiderato sentirci legati per il resto della vita.

Ed è proprio rievocando lo spirito accademico di quegli anni, Magnifico, che Le rivolgo il mio sincero appello, poiché la pandemia che ci affligge ormai da tempo e che, purtroppo, non è stata ancora debellata, ha contribuito ad allontanare gli affetti, cancellare le abitudini, finanche recidendo alcuni legami che si erano ivi creati.

Se da un lato tale mancanza ha causato grandi perdite, sia in termini sociali che didattici, dall’altro ha determinato un forte intento di rivalsa per tutti coloro che – studenti, dottori di ricerca, assegnisti, docenti, personale tecnico amministrativo – hanno fatto delle mura universitarie la propria casa, il loro personale Eden, rifugio della conoscenza e nel sapere conviviale.
Ricordo ancora il Vostro discorso di presentazione al Polo Zanotto – tenuto in vista delle elezioni – in cui dimostrò di voler infondere nuova linfa al sentimento di “appartenenza” all’accademia veronese. Ebbene, tale esigenza non può che dirsi aumentata dopo la recente tragedia pandemica.

È per tali ragioni che Le rivolgo questa lettera, Magnifico, quale massima carica dell’Ateneo scaligero, a cui spetta l’ultima parola per trasformare questa proposta da potenza in atto.
Sono consapevole delle molteplici difficoltà dovute all’organizzazione di un tale evento, unico nella Storia veronese, connesse anche all’esigenza di tutelare la salute e la sicurezza dei partecipanti.
Pertanto, comprenderei un Vostro rifiuto, certamente motivato e giustificato da ragioni di necessità non altrimenti evitabili.

Tuttavia, resto fiducioso in una Vostra positiva apertura, inverando e consolidando quell’unione tra città ed Università che è stata la fortuna di tante comunità nella storia della cultura, poiché la sapienza non si ciba di sole nozioni, ma anche d’emozioni e sentimenti. E chissà che non diventi una tradizione del nostro Ateneo, in grado di riavvicinare studenti ed ex allievi, vicini e lontani – come lo sono stato io, essendo un fuorisede – creando un precedente d’inestimabile valore per la Storia dell’Università e della città di Verona.

Salvatore Nucera

Salvatore Nucera con la madre in Arena, ben prima della pandemia
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