Persepolis: l’Iran a fumetti di Marjane Satrapi
Il 25 novembre è la giornata contro la violenza di genere e per quest’occasione la rubrica culturale di Pass parlerà dei diritti delle donne e di come non rispettarli rappresenti una forma di violenza. Con il primo articolo ricordiamo le ragazze iraniane che nelle ultime settimane hanno protestato contro il regime sfidando le rigide imposizioni sull’abbigliamento femminile. Iniziamo quindi raccontandovi del graphic novel “Persepolis”.
Nel 2000 esce in Francia il primo volume dell’opera autobiografica di un’autrice allora pressoché sconosciuta: Marjane Satrapi. Cominciare la propria carriera editoriale con un’autobiografia non è da tutti, bisogna innanzitutto avere un vissuto molto particolare da raccontare. E Satrapi, una storia fuori dal comune, ce l’ha eccome. Almeno agli occhi di noi occidentali.
Il primo volume di “Persepolis”, intitolato “Storia di un’infanzia”, narra alcuni episodi della vita di Marjane dall’età di 10 anni fino ai 14. Marjane proviene da una famiglia molto agiata di Teheran, va alla scuola francese e ha tanti amici tra i bambini e le bambine della sua classe. La sua famiglia è progressista e tiene molto all’istruzione e alla libertà di Marjane. Lei però si considera anche molto religiosa e non ha dubbi su cosa il futuro abbia in serbo per lei: da grande sarà una profeta. La prima profeta femmina, per la precisione. Marjane prende questa decisione perché non sopporta le disuguaglianze, trova ingiusto che la governante mangi nell’altra stanza e si vergogna quando va in giro con la Cadillac del papà, ma anche perché quando sarà profeta potrà finalmente guarire le ginocchia della nonna.
Tutto cambia nel 1980: a causa della rivoluzione islamica dell’anno precedente, tutte le scuole internazionali vengono chiuse e le classi miste proibite. Inoltre, tutte le bambine devono indossare il velo a scuola. Inizialmente le maestre non hanno vita facile e far rispettare la nuova regola è praticamente impossibile: le bambine usano il velo per giocare e non c’è modo di farglielo indossare come si deve. I genitori di Marjane vanno alle proteste contro il governo e anche lei vorrebbe partecipare perché gli eroi dei libri di storia che le regala il papà lo sono diventati facendo le rivoluzioni. E poi Marx e Dio a quanto pare si somigliano molto.
Nei mesi seguenti Marjane comincia ad accorgersi che succedono cose strane: i papà di alcune sue amiche non tornano più a casa la sera e il suo amato zio, dissidente che ha vissuto per anni in Russia, viene accusato di essere una spia russa e giustiziato. Intanto l’Iran entra in guerra con l’Iraq e il figlio quattordicenne di un’amica della mamma riceve dal governo una chiave di plastica colorata d’oro, come promessa del paradiso nel caso in cui dovesse morire al fronte.
Gli iraniani che se lo possono permettere cercano di continuare la loro vita di sempre dentro alle mura domestiche, organizzando feste in cui non mancano l’alcol e la musica punk rock. Ma quando la propaganda del regime si insinua in ogni aspetto della vita, restare fedeli ai propri principi diventa difficile. È così che i giudizi sull’abbigliamento delle altre donne si insinuano anche nelle menti più progressiste.
Marjane però continua la sua battaglia nel suo piccolo, nonostante venga fermata per strada dalle pattuglie di donne incaricate di controllare l’abbigliamento delle altre donne e venga espulsa da scuola perché si ostina a indossare gioielli. I suoi genitori sono però preoccupati per la sua sorte e le spiegano cosa succede alle ragazze che vengono arrestate dal regime. Per la sua sicurezza la mandano a studiare a Vienna, dove potrà vivere a casa di un’amica della mamma.
Il secondo libro di cui è composto “Persepolis” è intitolato “Storia di un ritorno”. Se la Marjane bambina del primo libro poteva ricordare una versione iraniana della Mafalda di Quino, nel secondo la vediamo crescere, perdersi, sbagliare più volte per poi prendere una decisione importante.
In Austria passa da un alloggio all’altro e scopre che per una ragazzina che viene da un paese con la fama di essere la patria dei terroristi, la vita è tutt’altro che semplice. Riesce a finire la scuola, ma vivere lontano dei genitori la porta a fare affidamento esclusivamente sui coetanei, che non hanno la maturità per aiutarla e la condurranno in una spirale di depressione e abuso di sostanze. Vive per strada per alcune settimane e un giorno si sveglia in ospedale. Riesce a mettersi in contatto con i genitori e torna in Iran.
Se in Austria per tutti era la ragazza straniera, al suo ritorno a Teheran si accorge che negli anni i suoi amici sono cambiati molto e lei stessa si percepisce estranea al suo paese e si sente in colpa per essere fuggita dalla guerra. Ai sensi di colpa nel ricongiungimento con un amico mutilato dalle bombe, si aggiunge l’inadeguatezza che prova nel constatare che le sue amiche hanno in mente esclusivamente il matrimonio.
Marjane decide di proseguire gli studi e si iscrive ad una scuola d’arte. Anche se la scuola è frequentata sia da ragazzi che da ragazze, gli studenti di sesso diverso sono separati e non si possono rivolgere la parola. I maschi si possono vestire come vogliono, mentre le ragazze devono seguire delle rigide regole che impongono un abbigliamento piuttosto scomodo per disegnare. Disegnare il corpo umano, poi, è piuttosto difficile se la modella è coperta da testa a piedi. Se invece il modello è un uomo è ancora più complicato, perché bisogna disegnarlo senza guardarlo. Così Marjane torna ancora una volta a sfidare le autorità e riesce ad ottenere un permesso per ridisegnare la divisa per le ragazze, in modo che sia conforme alle leggi, ma sufficientemente comoda da permettere che svolgano il loro lavoro.
Se le idee per diffondere la cultura del suo paese non mancano, metterle in pratica è quasi impossibile: al regime non interessa veramente la cultura, preferisce ridurla a semplici simboli da utilizzare per indottrinare la popolazione. Inoltre, per costruire un parco a tema come quello sognato da Marjane ci vuole almeno l’approvazione del sindaco, che è piuttosto difficile da ottenere, in quanto ogni volta che Marjane si presenta all’appuntamento viene mandata a casa perché non indossa un velo sufficientemente coprente o perché ha pensato di truccarsi per l’occasione.
In questo “ritorno”, Marjane trova le risposte ad alcune delle domande che si poneva da bambina e si rende conto che non tutti gli uomini che contestano il regime sono necessariamente gentili con le donne, che un matrimonio per convenienza non vale realmente la pena e soprattutto che i suoi valori più grandi sono quelli che i suoi genitori le hanno insegnato fin da bambina: la libertà e la conoscenza.
“Persepolis” è l’autobiografia di una donna che ha certamente vissuto una vita fuori dal comune, sia per gli standard occidentali che per quelli del suo paese, ma che allo stesso tempo racchiude l’esperienza di milioni di donne costrette a rinunciare alla libertà per le imposizioni di un governo misogino. Con le sue vignette, Satrapi vuole diffondere la cultura del suo paese oltre il fanatismo religioso e i pregiudizi occidentali e vuole ricordare gli uomini e le donne che hanno sofferto o perso la vita perché si sono opposti al regime. A più di vent’anni dalla sua prima pubblicazione, “Persepolis” travolge ancora per la sua attualità e diventa così una testimonianza preziosa di cosa significhi essere donna in Iran, ascoltando una narrazione diversa da quella dei media occidentali.