Perché 21 giornalismi
Il giornalismo sta male, ma sono ottimista
Ieri sera è iniziato “21 giornalismi”, il ciclo di tre incontri organizzato da Pass per i membri del proprio gruppo e aperto a tutti gli aspiranti giornalisti, aspiranti comunicatori, curiosi della professione.
Alcuni mi hanno chiesto “Perché 21 giornalismi?“. Ci sono due risposte.
La prima, quella relativa al titolo è semplice:
- 21 perché siamo nel 2021,
- 21 perché esistono tanti tipi di giornalismo,
- 21 perché vengono affrontati 2 temi in 1 serata.
E poi, semplicemente, suonava abbastanza bene. (Non vorrei che i titolisti di Repubblica usassero lo stesso criterio).
C’è una seconda risposta, quella relativa al perché sia stato organizzato 21 giornalismi. Qui devo fare qualche considerazione.
Considerazione 1. Ieri sera l’incontro è stato un bel momento di scambio. Al termine ci siamo fermati a parlare dei temi cari a chi si interessa di giornalismo: come diventare giornalista?, perché escono titoli sbagliati o fuorvianti?, perché il giornalismo sta messo come sta messo?
Considerazione 2. La professione giornalistica è probabilmente una di quelle che più si interroga su sé stessa. Si discute, si scrivono libri, si commenta sui social: ogni giorno la professione giornalistica viene indagata, messa alla prova, sotto la lente d’ingrandimento. Sia da addetti ai lavori, sia da comuni cittadini. Ed è giusto così.
Considerazione 3. I problemi del giornalismo, per i motivi toccati nella Considerazione 2 e per la sua stessa natura, sono sotto gli occhi di tutti. L’essenza stessa della professione apre alla collettività il risultato del proprio lavoro. Ciò non è certo una scusante per gli errori, la sciatteria, la malizia che dilagano nel giornalismo. E, a volte, l’incompetenza.
Ma, Considerazione 4 con questo tweet della giornalista Charlotte Matteini: «Mi manda ai matti questa cosa che siccome ci sono testate e giornalisti pessimi, allora tutti siamo pessimi giornalisti. Non è vero, ci sono molti colleghi bravissimi che informano e vale la pena di seguire. Vi prego. Sappiate discernere».
Mi manda ai matti questa cosa che siccome ci sono testate e giornalisti pessimi, allora tutti siamo pessimi giornalisti. Non è vero, ci sono molti colleghi bravissimi che informano e vale la pena di seguire. Vi prego. Sappiate discernere.
— Charlotte Matteini (@CharlyMatt) March 12, 2021
Fatte le dovute considerazioni, rispondo. Riuscire a lavorare come giornalista, oggi, non è facile. I percorsi per approdare alla professione sono vari, diversi, tortuosi. Non sempre meritocratici. Non esiste un percorso unico di formazione e i giovani aspiranti giornalisti spesso non sanno dove sbattere la testa.
21 giornalismi è una goccia nel mare, me ne rendo conto, ma il mare è fatto di gocce (e i bravi giornalisti dovrebbero evitare certi stereotipi). Penso che se c’è una possibilità per trasferire qualche conoscenza, qualche idea, spianare la strada per un giornalismo migliore, quella possibilità vada colta.
È sempre stato nel dna di Pass, che da anni propone cicli di incontri a tema giornalismo. Ed è giusto che questa tradizione continui.
Io sono ottimista per il futuro della professione giornalistica, in profonda crisi ed evoluzione oggi. Sono ottimista perché vedo atteggiamenti di apertura verso i colleghi e verso certe pratiche lodevoli in molti giovani giornalisti. Una classe giornalistica che non vuole essere casta, ma comunità. Sarò un sognatore, ma ci credo.
Per questo ringrazio di nuovo e pubblicamente la disponibilità di Francesco Guidotti e Giovanni Lorenzi di “Giornalisti al microfono” che hanno accettato l’invito per la seconda serata, ed Elena Guerra, che sarà con noi la terza, direttrice di Heraldo e ricercatrice dei media del gruppo Prosmedia.
Alessandro Bonfante