Ma: l’incubo della porta accanto
La recensione dell’horror con Octavia Spencer, che parla di vendetta, accettazione e solitudine
di Beatrice Castioni
Maggie si è appena trasferita in una piccola cittadina con la madre Erica, ed entrambe sperano in un nuovo inizio dopo il divorzio. Mentre Erica fatica a farsi rispettare al lavoro e cerca di conquistare una posizione dignitosa, Maggie fa ben presto amicizia con alcuni compagni di classe. I ragazzi la invitano a lasciarsi andare e a bere alcolici, quando si danno appuntamento in un posto isolato fuori dal centro abitato.
Sue Ann è una donna solitaria sulla quarantina, che lavora come aiuto veterinaria. Un giorno viene fermata da Maggie, che le chiede di comprare degli alcolici per sé ed i suoi amici ancora minorenni. Sue Ann accetta e propone ai ragazzi di organizzare le prossime feste a casa sua, nel seminterrato. Ci sono però delle regole ferree: qualcuno deve sempre rimanere sobrio per poter guidare, non bisogna bestemmiare, e nessuno deve salire al piano di sopra. L’ospitalità della donna, chiamata dai ragazzi Ma, è gratuita o c’è un prezzo da pagare?
La piaga del bullismo
Ben: Ti prego, Sue Ann. Ero solo un ragazzino.
Sue Ann: Anche io, Ben.
Un bullo, diventato adulto, può decidere di cambiare. Di chiedere scusa, di diventare una persona migliore, persino. Ma chi lo subisce, il bullismo, non può dimenticare. È quello che pensa Sue Anne quando, andando al lavoro, incrocia per strada le vite perfette di tutti quelli che in passato l’hanno derisa. Se non perfette, almeno le loro sono vite impegnate, gratificanti, vissute.
Lei, che per sé ha avuto poco e che sognava tutto, si ritrova intrappolata suo malgrado nei panni della “sfigata” che era. Quei ragazzi … Trovavano la loro vita così poco gratificante da sentirsi in dovere di rovinare quella di qualcun altro. Ragazzi frustrati, problematici, circondati da complici e molto popolari, ma che in fondo erano profondamente soli. Sue lo aveva capito: alcuni di loro avevano una vita lontana dall’essere perfetta. Per questo si chiedeva perché stessero distruggendo giorno dopo giorno la sua felicità, la sua fiducia nel prossimo.
E perché, ancora oggi porta i segni di quelle sofferenze. L’intento del regista è quello di farci guardare dentro, per chiederci se on abbiamo mai detto quella parola in più senza importanza che però per chi stava soffrendo sarebbe stata un’ulteriore pugnalata al cuore. Chiedersi se sia stato testimone di un atto di derisione e non abbia preso le parti del soggetto indifeso. In quanti possono dirsi davvero immacolati, innocenti?
Il sapore della vendetta
Sue ha taciuto per una vita intera, ma ora non ci sta più. Ha provato, davvero, a diventare l’amica popolare che tutti vorrebbero, offrendo denaro e alloggio per ospitare le feste di Maggie e dei suoi amici. Ma nemmeno quello è bastato; quei ragazzini l’hanno presa in giro proprio come i genitori, anni prima. Quando cominciano a rifiutare i suoi inviti, non capisce dove abbia sbagliato e non sa come rimediare. Ed è qui che esplode la sua psicosi.
Voleva tornare adolescente almeno con lo spirito, ma non è usuale trovare una quarantenne che beve e balla con un gruppo di adolescenti. I quali erano convinti che Ma fosse solo una donna simpatica disposta a lasciar loro un posto dove stare. Non una persona bisognosa di cure e affetto costante. Non una patologica. Se fosse già nella sua testa o se lo avesse ideato dopo non è dato saperlo, ma dentro di lei scatta qualcosa. Perdendo di vista la sua umanità e la ragione, nonostante gli sforzi per non portare rancore.
Un rancore violento che non si affievolisce nel tempo. Come a dire, la vendetta è un piatto che va servito freddo. Ma se è il cuore che diventa freddo, hanno vinto davvero loro, i bulli. Quello che Ma non ha capito, è che il modo migliore per vendicarsi delle malignità è mostrando di essere sì fragile e piena di cicatrici, ma cresciuta, maturata, in cerca della propria strada di felicità. E invece ha deciso di rendere la vendetta amara. E triste.
La tensione accumulata durante lo svolgimento della storia non riceve un finale degno delle aspettative, che sembra liquidato in poche e frettolose scene. In generale, il messaggio del regista era importante, ma ha lasciato troppi buchi nella trama e ha dato una conclusione prevedibile e per certi versi irrealistica.
Qui l’ultima recensione.