L’ULTIMA CORSA: AYRTON SENNA
Pass Magazine si arricchisce della nuova rubrica Sport e Motori, dedicata ai maggiori sport mondiali e a quelli meno conosciuti. Ogni settimana parleremo dei più eclatanti eventi sportivi, dei grandi protagonisti del mondo dello sport e di miti scomparsi, dando spazio anche a storie meno conosciute, ma ugualmente emozionanti. Nel primo articolo vogliamo rendere omaggio a una leggenda: Ayrton Senna. A ventinove anni dalla sua scomparsa, il pilota vive ancora nel ricordo e nella passione di migliaia di persone, senza mai essere stato dimenticato.
Predestinato significa essere destinato a qualcosa di grande. E Ayrton Senna qualcosa di grande lo ha raggiunto, passando alla storia come uno dei migliori piloti di tutti i tempi. Lui che ha lottato fino alla fine, che ha raggiunto il limite ad ogni curva, che se ne é andato facendo quello che amava più di ogni altra cosa. «Correre, competere è nel mio sangue, è parte di me, è parte della mia vita; è da sempre che lo faccio e viene prima di ogni altra cosa» diceva, e non poteva essere più vero di così.
A Imola la statua che gli rende omaggio ce lo ricorda ogni giorno. Ma ancora di più, le foto, frasi e fiori che migliaia di tifosi lasciano ai piedi di quella figura di bronzo, che ricorda un uomo che aveva ancora molto da offrire e da ottenere, un uomo che ha fatto la storia e che ha saputo entrare nel cuore di milioni di persone, anche dopo essersene andato. Oggi continua a vivere nel ricordo di chi c’era e di chi ancora non era nato ma lo celebra come se lo avesse conosciuto.
L’inizio della fine
In quel weekend del 1994 di tragedie ce ne furono molte. Dal miracolo di Barrichello, scampato all’impatto devastante della sua Jordan, alle persone ferite dai detriti dell’incidente tra Lehto e Lamy al via della gara, sino alla tragica scomparsa di Roland Ratzenberger, pilota austriaco che era riuscito a raggiungere la Formula Uno solo da due Gran Premi grazie alla sua volontà di non arrendersi mai. Senna quel pilota l’aveva voluto ricordare, portando con sé nell’abitacolo della sua monoposto una bandiera bianca e rossa per rendergli omaggio, per dimostrare che non sarebbe stato dimenticato.
Gli ultimi attimi di Senna
Quel pomeriggio, mentre aspetta il semaforo verde, Senna fa una cosa che non ha mai fatto: si toglie il casco e lo posiziona di fronte a sé, lo osserva attento e pensieroso. Qualcosa doveva cambiare, lui ne era consapevole. Ne aveva parlato quella stessa mattina con l’amico e collega Gerhard Berger. Quel weekend ne era la prova ultima: non era stato fatto abbastanza, la sicurezza era stata messa ancora una volta in secondo piano. «La colpa è di chi vuole lo spettacolo, senza guardare né ai piloti né alle conseguenze».
Il tempo di agire purtroppo non lo ebbe. La prossima gara per lui non sarebbe esistita, si sarebbe fermato tutto quel 1° maggio 1994. Sono le 14:17 quando Ayrton si prepara a sterzare, ma il volante non ne vuole sapere. Ha solo pochi secondi per prepararsi all’impatto. Uno schianto violento all’altezza del Tamburello, dove il tempo si ferma. Il suo casco giallo e verde è immobile nella monoposto, mentre arrivano Sid Watkins e lo staff medico, pronti a tutto tranne che alla sua morte. Il pilota immortale non c’era più, non si poteva fare più nulla. Davanti agli occhi di tutti si presentava una tragedia; la corsa in ospedale, la preoccupazione di chi era rimasto ad Imola, la speranza a cui milioni di persone si aggrapparono fino all’ultimo secondo, ma fu tutto inutile. Ayrton Senna ne era andato per sempre, raggiungendo Dio, in cui ha avuto fede fino alla fine. “Nada pode me separar do amor de Deus”. “Nulla può separarmi dall’amore di Dio”, recita la sua lapide. E così è stato, reso eterno nel ricordo della gente che lo ha amato.