Il 28 luglio 2014, presso l’Arena di Verona, si è esibito su quel palco, al centro delle antiche mura, il tanto atteso Ludovico Einaudi, il pianista/compositore italiano, famoso in tutto il mondo proprio per la sua continua carriera “on the road”.
Il concerto portava il nome del titolo del suo ultimo disco composto in anno 2013: In a Time Lapse. I quattordici pezzi di contenuto sono stati registrati in un monastero, proprio vicino a Verona ed egli sembra esserci voluto tornare, in quel di Verona, in gran serata.
Nemmeno la pioggia ha fermato il talento di Einaudi.
In a Time Lapse si muove ad esplorare ulteriormente nuove texture e arrangiamenti che fondono diversi mondi musicali in uno. All’interno dello stile classico di Ludovico, e in particolare in questo disco, si può ascoltare musica barocca italiana e folk, tarda romantica e una vasta gamma di colori tra percussioni ed elettronica, il cui tutto appare come un viaggio che trasporta l’ascoltatore attraverso una profonda riflessione sull’idea del tempo; detto con le parole di Ludovico: “Quando si arriva coscienti che il nostro tempo è limitato, è il momento in cui si tenta di riempire quello spazio con tutta la propria energia ed emozioni e iniziare a immaginare oltre i limiti, e vivere ogni momento della tua vita pienamente come quando eri un bambino”.
Tuttavia l’emozione che si prova dal vivo, superiore all’inverosimile, non può che riempirti di gioia e di stupore, e di quella crescente energia che in quel momento ti fa sentire imponente nei confronti della vita; la sorta d’improvvisazione che Ludovico utilizza ti entra nelle vene per fartele vibrare fino nel profondo. I tamburi suonati dall’orchestra “i Virtuosi” sembravano emettere il battito del tuo cuore che grida per sentirsi parte di tutta quella magnificenza e quella creazione di un’arte di genio, indiscusso dei nostri tempi.
Anche le gocce di pioggia che man mano cessavano di cadere al suolo, sembravano accompagnare il suono dolce, impaziente e fragoroso, traducendo sul pavimento quelle note astratte, il cui unico tocco reale ti è dato tramite il corpo e l’udito.
Forse quel tempo così limitato, che ci è stato dato, merita di essere speso stando avvolti in un’aurea melodica che da un solo pianoforte può sprigionarsi in un’unione di molteplici strumenti, assemblatisi in un genere che di classico ha la fusione col mondo esterno che urla e si fa sentire grazie alle corde pizzicate da questo stesso pianoforte.
Il tempo forse si è proprio fermato in questa serata e anche la pioggia ha smesso di accompagnare, permettendo così un secondo ingresso dell’artista, che sul finire ha suscitato grande stupore. Sulle note del suo capolavoro I giorni, il grande compositore ha utilizzato le sue mani mosse sulla tastiera in gesti soavi da vero direttore d’orchestra, facendo echeggiare il vibrare delle corde in tutto l’anfiteatro.
Infine il gran finale è stato accompagnato dall’ingresso particolare dei Musici veneti, con tanto di tipico costume. Hanno tamburellato, questa volta, sulle note del battito incessante delle mani dei presenti. Questa volta il direttore d’orchestra si è sentito una cosa unica con tutti i suoi fan, liberi di ammirare e dare origine a tutto quello stupore dirompente di suoni.
Luminoso, emotivo, senza sforzo lirico e sempre estremamente raffinato, la musica e le prestazioni di Ludovico Einaudi hanno attirato un pubblico sempre più crescente nel corso degli ultimi due decenni, la cui diversità e devozione sono senza eguali.
Verona ha potuto veramente essere spettatrice di tutto questo, lasciando nel cuore di tutti un intenso ricordo musicale.
di Irene Monge