L’ITALIA E LA MEMORIA
La coscienza e la memoria storica in Italia con il passare degli anni si affievolisce. Ecco alcuni spunti di riflessione in occasione del Giorno della Memoria.
Il nostro paese vive un fenomeno tanto paradossale quanto pericoloso: dall’istituzione del Giorno della Memoria infatti, il numero di Italiani che crede che la Shoah non sia mai esistita è aumentato vertiginosamente.
Questo fenomeno denota un problema culturale del nostro paese, il quale col passare degli anni ha sempre più normalizzato il fascismo (con cui mai ha fatto i conti realmente e definitivamente). Di pari passo è aumentata esponenzialmente la percentuale di negazionisti dell’Olocausto, passata dal 2.7% del 2004 al 15.6% del 2020.
Molto spesso, qualunque fenomeno di violenza ai danni di chi viene considerato “diverso” è affrontato con negazionismo o con giustificazioni improvvisate, altre volte invece vi è la tendenza all’accettazione passiva, senza sforzi o impegno.
Qualcuno invece, sceglie di correlare un fatto di violenza ad altri fenomeni, quasi si volesse spostare l’attenzione per evitare l’assunzione di responsabilità circa comportamenti ambigui. È il caso del presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi, spesso tronfio nell’affermare di aver portato i fascisti al governo e che oggi, 27 gennaio 2023, ha scelto di legare il ricordo di quanto accaduto durante la Seconda Guerra Mondiale al supporto della democrazia israeliana.
Israele è sì lo Stato ebraico, ma il giudizio su quanto compiuto dai suoi uomini politici non è assolutamente tacciabile di antisemitismo. Il ripudio dell’intolleranza e la condanna a qualsiasi forma di violenza fanno sì che sia ingiusto accettare il comportamento di Israele nei confronti del popolo Palestinese. Questo perché l’aver subito il male non giustifica reazioni violente da parte della vittima, che si trasformerebbe poi in carnefice. Certamente la reazione violenta, forse motivata più dalla sete di vendetta che dalla voglia di giustizia è comprensibile, ma non di certo giustificabile.
Tornando all’argomento del titolo, l’Italia dimostra un rapporto ambiguo con la memoria, nello specifico, dimostra di non averne. Più passano gli anni e più aumenta la percentuale di italiani che dimostra di non ricordare avvenimenti passati, relegandoli appunto a un passato che è morto e sepolto e che dunque sicuramente non tornerà. Questo ragionamento non potrebbe essere più sbagliato, sia perché dimenticare le atrocità del passato conferisce a queste la capacità di tornare, seppur in forma diversa, sia perché un risultato ottenuto non è mai definitivo.
Con la liberazione dei deportati e con il crollo delle dittature si è riusciti a concedere un margine di libertà a molte persone ma, nonostante questo, pensare che questa libertà sia totale e indistruttibile non potrebbe essere più illusorio. Questo perché molte persone vivono ancora sotto regimi che reprimono le libertà individuali e illusorio perché anche chi vive nel mondo cosiddetto “libero” non gode di determinate libertà e non si vede riconosciuti alcuni diritti fondamentali.
Occorre dunque uno sforzo culturale su vari fronti. Tornando alla Giorno della Memoria, lo sforzo deve mirare a far sì che non ci siano persone che affermano l’inesistenza di un fenomeno che ha ucciso tra 17 milioni di persone, di cui 6 milioni di ebrei, 250mila persone con diversità biopsichiche, tra i 250 e i 500 mila rom, 1.8 milioni di polacchi non ebrei, 312mila cittadini serbi e quasi 9 milioni di cittadini sovietici.
È inoltre necessario diffondere la cultura delle libertà individuali, smettere di pensare che diverso sia sbagliato e capire che forse un fenomeno di dimensioni simili all’Olocausto non tornerà ma che forse, un fenomeno analogo esiste.
Esiste perché ci sono ancora delle persone uccise che vengono considerate solo numeri, come gli ucraini e come gli immigrati, quest’ultimi lasciati morire nell’indifferenza generale e nel mezzo di un concorso di colpa tra più parti che forse non colgono la gravità della situazione.
“Tutti coloro che dimenticano il loro passato sono condannati a riviverlo“.
Primo Levi