L’Erasmus ai tempi del Covid
A causa della pandemia molti studenti si sono trovati davanti a un bivio: abbandonare l’idea di partire per l’Erasmus, o provarci comunque? Prova a rispondere Giulia Stivanin, rappresentante degli studenti nel Consiglio di dipartimento di Lingue e Letterature straniere dell’Università di Verona.
Quante volte abbiamo sentito dire che gli anni dell’università sono i migliori. Anni di crescita, di esperienze e conoscenze. Sin da prima di iniziare questo percorso avevamo diversi progetti e, sicuramente, una pandemia non rientrava tra quelli.
È ormai passato un anno da quando abbiamo sentito per la prima volta la parola Covid-19 e in questo periodo noi studenti universitari ci siamo sentiti abbandonati, dimenticati da tutti. Molti aspetti della nostra vita sono stati messi alla prova, e tra questi c’è anche l’Erasmus. Un progetto che esiste ormai da più di 30 anni, e che forse ora affronta la sua sfida più grande.
Quante storie abbiamo sentito riguardo a quest’esperienza, e quanto tempo abbiamo passato a sognare come sarebbe stato per noi. Ma a causa della pandemia molti studenti si sono trovati davanti a un bivio: abbandonare l’idea, o provarci comunque? Una parte ha comunque deciso di partire, e i più fortunati avranno più libertà nel paese di destinazione e potranno anche tornare nelle aule universitarie; altri invece dovranno continuare con quella che da più di un anno ci accompagna, la dad, la didattica a distanza.
L’idea di seguire le lezioni online anche all’estero ha scoraggiato molti studenti, ma alcuni hanno comunque optato per la partenza.
Si potrebbe ritenere questa scelta irresponsabile, e non si può biasimare. Abbiamo ormai imparato che non si possono fare previsioni e che la situazione è incerta. Se lo è nel nostro paese, figuriamoci in un altro stato, dove forse nemmeno parliamo la lingua.
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Cosa spinge quindi a partire? Probabilmente la voglia di tornare a come eravamo prima. Siamo stanchi di questa situazione e vogliamo tutti tornare alla normalità. E se questo significa passare un po’ più tempo del dovuto in camera a seguire le lezioni, invece che in un’aula universitaria con i nostri compagni di corso, siamo disposti a farlo.
Dopotutto un Erasmus, è pur sempre un Erasmus. Sarà diverso, sarà più ristretto. Sarà un Erasmus in cui dovremo fare più rinunce, ma anche dove probabilmente apprezzeremo di più i momenti che riusciremo a vivere, come abbiamo d’altronde imparato a fare in questo ultimo nostro anno di vita. Sarà diverso, ma ugualmente bello. E tra qualche mese, quando dovremo ritornare a casa, non mancheranno sicuramente le lacrime e i ricordi dei viaggi, degli amici, degli amori e delle feste. E anche se la nostra esperienza sarà diversa da chi l’ha vissuta prima di noi, ci ritroveremo come loro a dire alla fine, con un velo di nostalgia nella nostra voce, Once Erasmus, always Erasmus.