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Per raccontare una storia o un episodio si presentano varie e interessanti opportunità, sia digitali che cartacee, ma anche visive: è possibile infatti creare un film, un video, scrivere un libro, un testo oppure dare vita ad uno spettacolo teatrale, ma forse ciò che troviamo più inusuale è raccontare una storia attraverso le immagini.
E’ noto che più figure messe insieme creano l’effetto di consecuzione e di molteplicità che può rendere al meglio il concetto dell’intreccio di una vicenda, poiché è comune ritrovarsi ad osservare questo tipo di formato, ma cosa succederebbe se l’immagine fosse solo una?
Una foto è espressione, pertanto è carica di un significato ed un’emozione che colpisce l’osservatore nel profondo, fosse anche solo per la pura e semplice bellezza estetica, ma è possibile riuscire a raccontare un preciso avvenimento attraverso una sola ed unica fotografia?
Sicuramente è una bella sfida e probabilmente non è la necessità primaria dell’epoca moderna, nella quale è fondamentale l’impatto forse, più che il soggetto; ma in un’epoca sprovvista dell’odierna tecnologia e dei nuovi mezzi, una sola immagine doveva essere in grado di raccontare un fatto o magari ricordarlo a chi vi avrebbe posato gli occhi sopra: in un tempo di palazzi e corti, questo strumento era il quadro.
Al palazzo della Gran Guardia fino al 5 ottobre è stata aperta al pubblico la mostra “Paolo Veronese – L’illusione della realtà” nella quale sono stati raccolti molti dei più importati quadri del pittore cinquecentesco veronese, dalla quale è possibile rendersi conto della grande capacità riassuntiva, ma anche simbolica, dell’autore che, con un solo quadro, riesce a ricreare, per esempio: “L’ultima comunione di Santa Lucia” o “Cena in casa di Simone”, certamente è necessario collocarli nella loro cornice storica per intuire che la materia più dipinta era sicuramente quella religiosa, che infatti aveva il compito di istruire, ma allo stesso tempo colpire, il fedele.
In conclusione, pur essendo mondi completamente differenti, quello della fotografia e quello della pittura, analizzando la dimensione della valenza dell’immagine: come esistono foto belle, che lasciano il segno, che provocano moti nell’animo più profondo, così esistono quadri in parallelo che offrono al pubblico lo stesso effetto, basti pensare ai paesaggi di C.D.Friedrich o di J.M.W. Turner.
Tuttavia, nonostante esistano sia foto che quadri con uno scopo preciso, forse la capacità di raccontare qualcosa, che è diverso dal “significare qualcosa” o dal “voler dire qualcosa”, probabilmente perché non dipende così strettamente dal reale come la fotografia, appartiene al dipinto. Il quadro antico racchiude in sé una magnifica magia che vuole e deve essere scoperta dal mondo di oggi: bisogna riscoprire la bellezza della pazienza che serve per abituare l’occhio ai colori, alla luce e alle linee di un disegno, un quadro necessita tempo e dedizione per essere appunto LETTO, come un libro.
di Cecilia Aicardi