Tempo di lettura: 3 minuti
A guardare il trattamento da parte dei media delle vittime di Charlie Hebdo e quelle, quasi contemporanee e di gran lunga più numerose, di Boko Haram, verrebbe facile dire esistano morti di serie A e morti di serie B. In queste righe, giusto per chiarirlo fin dall’inizio, non smonteremo affatto questa tesi, poiché è innegabile che sia così, almeno a livello mediatico, ma cercheremo piuttosto di ragionare sul senso di questa disparità di trattamento.
Tra gli espedienti più comodi per influenzare l’opinione pubblica vi è sicuramente quello del cavalcare uno stato d’animo quiescente. Tra questi, il più potente, quindi malleabile, è certamente la paura. Paura che è madre di reazioni di ogni sorta: malcontento, intolleranza, miseria, debolezza, bisogno di sicurezza e di giustizia, ecc. Prendere la paura e incanalarla in una di queste vie, di modo da sfogarla in maniera opportuna e opportunistica, è un pericolo più che ovvio e più che reale. La storia, d’altro canto, parla da sé. Muovere l’opinione pubblica significa conoscere e plasmare l’elettorato.
Ma perché i morti di Charli Hebdo, o ancora meglio, quelli delle Torri Gemelle, l’ultra lusso delle vittime occidentali, sono così tanto più importanti rispetto alle chilometriche pile di cadaveri accumulate dallo stile di vita privilegiato che un terzo del mondo, quello in cui viviamo noi, mantiene a discapito degli altri due? Sarà che è più facile trovare (o peggio, inventare!) un colpevole definito e visibile, piuttosto che puntare il dito verso noi stessi?
Dall’ 11 settembre il terrorismo è l’incubo dell’Occidente. Il Fondamentalismo Islamico il nemico. E se in parte, un certo tipo di Islam, può essere effettivamente partecipe di atti a dir poco riprovevoli e vergognosi, dall’altro è innegabile che la colpevolizzazione dell’Islam, così come la propensione al fondamentalismo, siano frutto di reazioni a un certo tipo di cause. Spesso innescate da noi, anni o secoli addietro. Troppo tempo per poter auto accusarci. Eppure quel che viviamo oggi è frutto di quel che è accaduto ieri. Quel nuovo nemico, il cosiddetto Isis, altro non è che emanazione di soluzioni prese ieri che si ripercuotono facendo indignare mezzo mondo oggi.
Ci si potrebbe chiedere allora se esista una via per sbollire tensioni visibili da quattordici anni a questa parte, così come tutte le altre storicamente più radicate ma, ancora una volta, mediaticamente meno importanti.
La soluzione è complessa e tutta in salita, ma c’è. Diceva Foucault, in due differenti episodi:
“Il sistema carcerario francese odierno (quello degli anni 70, ndr) trova le sue radici nel sistema di sorveglianza e punizione post-medievale”.
E ancora:
“Ciò che noi chiamiamo sessualità è in realtà il risultato dell’intrecciarsi di una molteplicità di comportamenti e dispositivi di sapere che hanno avuto origine duecento anni fa”.
Un avvertimento all’accortezza nel leggere il fatto per quel che è: struttura storica.
Riflettendoci, si può notare allora come non sia possibile risolvere oggi i problemi di oggi, nell’immediato, perché frutto di stratificazioni preesistenti. È possibile invece mettere in atto ora strategie che daranno al domani un avvenire migliore. Se c’è da tirare in ballo un esempio a tutti chiaro, è quello dei migranti, di Triton, e delle settecento e nemmeno troppo decantate morti in mare avvenute in un solo colpo.
C’è un problema, la migrazione incontrollata, e c’è un sentimento di paura e malcontento. Viene allora sfruttato tale sentimento per indirizzarlo verso un nemico facilmente rappresentabile e che sia in grado di quietare gli animi: gli scafisti, definiti schiavisti del nuovo millennio. E’ quindi indetto d’urgenza un consiglio tra i capi di stato interessati, da cui ne esce un Triton potenziato e un pensiero circa l’intervento mirato per fermare questi uomini senza scrupoli.
S’intravede, e bene, il limite di visione tanto nel presentare una simile situazione quanto nel gestirla. Ma è qui che sta il gioco, perché rappresentare in una certa maniera un dato problema di natura totalmente differente, con radici ben più complesse e profonde di quanto non si dica, è congeniale non solo a chi ci governa, ma al sistema stesso nel quale viviamo. E questo è solo uno tra i molti fenomeni in esame. Le morti, in tutto ciò, continuano, e sono impiegate al pari di marionette inanimate con cui il sistema imbastisce il suo grande spettacolo per promuovere se stesso.
Davide Storti