L’Anna Bolena al Teatro Filarmonico di Verona.
di Valeria Pegoraro (Valérie Blueor)
Meno tre, meno due, meno uno, si spengono le luci, cala il silenzio in sala e un delizioso motivetto musicale dell’orchestra accompagna l’alzarsi del sipario. Sul palco vi sono solo tre elementi, a destra vi è un letto a baldacchino in ferro battuto, a sinistra vi sono due sedie regali e un giovane accasciato su uno dei due poggiapiedi. In scena sfilano una serie di fanciulle che entrano da una quinta e in poco tempo escono dall’altra. Ognuna presenta degli aspetti caratteriali diversi. Vi è quella buffa e goffa, quella sicura e sensuale, quella impaurita e sfuggente, quella spensierata… Tutte, però sono accomunate da un’attenzione, più o meno velata, nei confronti del letto, l’emblema nell’intimità coniugale. Chi fra di loro sarà la nuova moglie di Enrico VIII?
È un ipotetico quesito che qualsiasi spettatore avrebbe potuto porsi di fronte a questa entrance ironico-satirica dell’Anna Bolena.
Un cult del melodramma italiano ottocentesco che è stato eseguito il 29 aprile, il 2, 4, 6 Maggio al Teatro Filarmonico di Verona.
Una tragedia lirica in due atti di Gaetano Donizetti su libretto di Felice Romano, che narra gli ultimi mesi di vita di Anna Bolena, la seconda coniuge di Enrico VIII, re d’Inghilterra e uomo dagli infiniti desideri carnali. Una donna che in passato ebbe l’ingenua presunzione di poter rimanere a lungo regina d’Inghilterra e moglie di Enrico. Ma che alla fine si ritrovò a dover fare i conti sia con Giovanna di Seymour, la sua dama di corte preferita, divenuta l’amante segreta di Enrico VIII, che col ritorno in patria di Lord Riccardo Percy, il suo amore proibito e corrisposto. Due figure che assieme al paggio Smeton, anch’esso innamorato di Anna, la portarono alla follia e alla pena capitale.
Un’opera complessa da inscenare, che come ha ribadito il direttore d’orchestra Jordi Bernàcer «è difficile coglierne l’essenza sino in fondo. A dire il vero è già tanto arrivare in fondo all’opera». In effetti non ha tutti i torti se teniamo conto del fatto che la pièce dura circa 3 h 10 e che molti ruoli richiedono agli interpreti una maturità vocale estesa e completa, in primis per il ruolo di Anna Bolena interpretato da Elena Mosuc. Sì può affermare con certezza che Elena ha saputo sostenere il suo difficile personaggio dalle mille sfumature sia a livello canoro che recitativo. Inoltre si sono perfettamente distinti all’interno del cast Annalisa Stroppa (G. di Seymour) e Antonio Siragusa (L. R. Percy), per aver contribuito fortemente alla creazione del pathos drammatico.Da non dimenticare tutti gli altri interpreti, i due cori di voci maschili e femminili, l’orchestra che mediante la loro collaborazione sono riusciti a mantenere un buon andamento dello spettacolo.
In alcuni punti dell’opera i cambi di scena sembravano non ancora del tutto assimilati, ma tal sensazione passava in secondo piano quando ci si trovava di fronte a degli elementi scenici al dir poco strabilianti ideati dal grande scenografo e costumista Paul Brown, mancato di recente, in collaborazione col regista Graham Vick.
Un insieme di scelte scenografiche, costumistiche e registiche che portano l’allestimento ad esser giocato sull’estetica, sulla pulizia e soprattutto sulla delineazione di una dimensione interamente simbolica.
Ad esempio il conflitto di potere e la posizione subalterna di Anna sono stati perfettamente inscenati attraverso l’immissione di due cavalli, quello argenteo di Anna, e quello dorato di Enrico.
Il primo richiamava l’idea del galoppo, il secondo dell’impennata. Entrambi riprendevano i colori dei sontuosi indumenti damascati dei due sovrani. Un ideale quadretto che in parte ricordava i due fanti di una scacchiera in procinto di prepararsi per il duello finale. Una soluzione scenografico-registica che e rifletteva l’animo prepotente di Enrico VIII e l’impotenza dell’infelice Anna.
Per non parlare della penultima scena in cui vi era un pannello in vetro sospeso che rimandava lo spettatore allo stato di follia vissuto dalla protagonista.
La maggior parte dei congegni teatrali aiutavano a costruire significato, persino le due piattaforme girevoli intersecate fra loro, che costituivano lo spazio d’azione per gli attori, a volte riprodocevano l’immagine della croce di San Pietro, uno dei simboli anticlericali per eccellenza.
In parole povere lo spettacolo è riuscito a rendere onore al capolavoro donizettiano. Dal 2007 Fondazione Arena di Verona si sta impegnando ad importare questa produzione al di fuori della nostra città. Speriamo che continui questo suo intento.
Teatro Filarmonico di Verona, Stagione lirica 2017/2018
venerdì, 4 maggio
Interpreti Elena Mosuc (Anna Bolena), Mirco Palazzi ( Enrico VIII)
Annalisa Stroppa (Giovanna di Seyemour), Antonino Siragusa (Lord Riccardo Percy)
Martina Belli (Smeton) Romano Dal Zovo (Lord Rochefort) Nicola Pamio (Sir Harvey)
Direttore d’orchestra Jordi Bernàcer Regia Graham Vick
Scene e costumi Paul Brown Direttore Allestimenti scenici Michele Olcese Maestro del Coro Vito Lombardi
Lighting designer Giuseppe Di Iorio
Orchestra, Coro e Tecnici dell’Arena di Verona
Allestimento della Fondazione Arena di Verona in coproduzione con la Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste