Romeo: “Io giuro il mio amore sulla gomma da masticare”.
Giulietta: “Non giurare sulla gomma da masticare, questa incostante che muta di faccia ogni mese, nel suo appiccicoso masticare!”
– Dal libro di Romeo e Giulietta di Shakespeare, con l’aggiunta di modifiche personali. –
La vicenda dei due noti protagonisti ha assunto nel tempo un valore simbolico, diventando l’archetipo dell’amore perfetto ma avversato dalla società.
Sembra proprio che nei giorni nostri, un’altra volta la società voglia umiliare o interferire su quest’amore eterno, separatosi solo alla morte, ma che permane nelle pagine dei nostri libri, per sempre inciso, venendo però imbrattato da qualcosa di appiccicoso che col procedere rischia di non staccarsi veramente più.
Sin dall’entrata del cancello, nei muri nel cortiletto interno si può vedere questa moderna opera d’arte (se così si vuol definire) che ricopre pareti, spigoli e cancelli. La gomma da masticare sembra esser diventata il simbolo dell’amore: la casa degli innamorati si è trasformata in un ricettacolo di gomme da masticare.
A farne le spese non è soltanto il bene in questione ma anche il visitatore, che nota lo stato pessimo di conservazione piuttosto che la bellezza del luogo. Numerose sono state le critiche poste da visitatori affezionati alla cultura e al senso storico dei monumenti, chiunque vada a visitare la casa di Giulietta, il primo impatto visivo che ottiene è quello di rimanere appiccicato per sempre a quel muro, diventando parte del tutto.
Ora ci si chiede il perché di tutto questo: una prima risposta potrebbe essere per emulazione, ossia il desiderio di omologarsi agli altri, anche nel modo di esprimere sentimenti fittizi; dopo aver sicuramente ringraziato il primo che ha avuto la stravagante idea di cominciare, si può or ora comprendere la diretta annessione al problema della mancanza di rispetto che si dimostra davanti all’antichità e alla storia. Al posto che tutelare e proteggere queste meraviglie arrivate fino a noi, cerchiamo di appropriarcene un pezzetto, che non risulti di nessun altro, senza accorgerci che così facendo le condanniamo al deterioramento definitivo e irreversibile; non capiamo dunque l’idea di patrimonio condiviso, almeno che non porti la nostra firma, a questo si aggiunge poi il bisogno esasperato di gesti eclatanti per poter dimostrare il proprio amore, ormai un amore che rimanda ad un senso d’incertezza, conseguenza dei nostri rapporti d’oggi così deludenti e superficiali.
Tutto questo è il risultato di una mollezza formativa, vuota di contenuti oltre che di obiettivi, proiettata solo sulla dimensione del presente, quasi che la vita appaia solo come un continuo reality televisivo, e non qualcosa di più, a cominciare dall’esercizio di responsabilità.
A mio rammarico quest’ultimo punto si ricollega anche al fatto che purtroppo le guardie presenti nella e davanti alla casa, le quali dovrebbero appunto svolgere il loro compito di controllo, sembrano quasi immuni nei confronti di qualsiasi tipo di atto vandalico, quasi come se gli sguardi ammonitori o le divise servissero solo per arricchire Verona di un’immagine più sicura e attenta a tutto, anche se di fatto non lo è, perché sembra mancare, infatti, un piano risolutivo da parte delle istituzioni, eccetto l’introduzione di una multa nel caso si venga sorpresi mentre si imbratta il loco, ma sta proprio qui la contraddizione, dal momento che la sorveglianza non funziona come dovrebbe.
Tuttavia le cose sembrano un po’ cambiate a partire dallo scorso gennaio: una soluzione è stata trovata e a giovarne è stato anche un noto artista inglese dell’arte contemporanea, Marc Quinn.In seguito a una pulizia dettagliata portata avanti da una ditta specializzata nel restauro, sono state rimosse tutte le gomme da masticare da ogni facciata o muro; le pulizie durate una settimana ha conseguito, al termine, l’affissione di cartelli di divieto e di pannelli di cartongesso mobili, all’interno dei quali le persone avrebbero potuto continuare a lasciare il proprio sputazzato segno; perciò niente contravvenzioni, soltanto qualche richiamo a non scrivere fuori dagli spazi bianchi sulle pareti di cartongesso.
Marc Quinn, col suo genio d’artista, studiò di sovrapporre ai fondali di cartongesso delle tele bianche di diverso formato, creando nelle pareti del portico di accesso alla casa di Giulietta un formidabile grande studio creativo, dove migliaia di estemporanei artisti si sarebbero cimentate in competizioni per depositare le loro fantasie amorose, attraverso l’utilizzo di migliaia di gomme da masticare multicolori, pennarelli, bigliettini autoadesivi e scritte amorose. Un’opera “collettiva”, realizzata con passione giovanile, frutto dello spontaneo e ribollente grafismo, che sempre ha caratterizzato l’accesso alla mitica dimora dei Capuleti. Grafismo che Quinn, da artista qual è (oltre che un po’ mercante), ha sfruttato a proprio favore, scegliendo le parti migliori delle opere realizzate e apponendo la propria firma sul retro delle tele, per attestare la proprietà intellettuale dell’opera finita (simile allaFontanadi Duchamp). Lo stesso Marc Quinn ha chiamato «LovePainting» questa nuova forma d’espressione artistica, battezzando ogni quadro con una delle tante frasi impresse dagli innamorati. Le tele esposte alla mostra si sono rivelate un vero e proprio affare per l’artista. Quelle di grandi dimensioni hanno quotato anche oltre 200 mila euro, mentre tele più piccole sono state acquistate da appassionati per cifre sotto i 100 mila euro, anche se alcune sono state vendute per cifre meno impegnative. Una fra le più importanti è stata donata dall’artista al Comune di Verona.
A questo punto mi viene da esprimere il mio punto di vista: per molte persone tale soluzione sembra essere apparsa l’unica plausibile e oltretutto anche molto perspicace perché continuerebbe a permettere uno scempio, senza che intacchi direttamente il monumento, privando del senso di colpa che potrebbero provare i vigili a seguito della loro inadempienza al compito e un invito plausibile a continuare allegramente e liberamente; ovviamente a tal riguardo non sono pienamente d’accordo. Può effettivamente difendere le pareti, questo sistema di pannelli mobili, oltre che preservare il comune da eccessive spese di riparazione, ma lo spirito del rispetto del monumento storico viene riparato, o meglio guarito veramente?
Quando sono venuta a conoscenza di questa idea brillante e stravagante da parte dell’artista Quinn, mi è venuto, altrettanto in mente, il pensiero dadaista dell’arte che era stato portato avanti da molti artisti, negli anni Venti del Novecento: vi era un rifiuto della razionalità col fine provocatorio di “clava” per abbattere le convenzioni borghesi intorno alla concezione di arte che era degradata decisamente. Pur di rinnegare la razionalità, i dadaisti non rifiutavano alcun atteggiamento dissacratorio, ovviamente ogni gesto o mezzo era idoneo per giungere al loro fine ultimo, distruggere l’arte, distruzione assolutamente necessaria per ripartire con una nuova arte, non più sul piedistallo dei valori borghesi, ma coincidente con la vita stessa e non separata da essa. Insomma lottavano per distruggere una contraddizione sedimentata ormai a lungo e lo facevano proprio coi mezzi tramite i quali era sorta la contraddizione stessa.
Insomma il punto cui voglio giungere è questo: se l’arte già un tempo veniva mercificata come semplice oggetto di guadagno, ora mi sembra che con questa iniziativa si venga ad incentivare un “massacro” monumentale per il solo gusto di fare soldi.
Sembra sovvertita nuovamente l’idea di arte, ciò che ci si può forse aspettare da un artista cresciuto in anni in cui i gesti provocatori, per il solo gusto di mettersi in mostra,anche se volgari o errati, vengono elogiati più di quanto non si faccia nei confronti di qualcosa che non ha nulla di effimero, ma di duraturo perché conservabile nel tempo grazie alla sola volontà delle persone che vogliono crescere culturalmente per costruireun futuro migliore, tutto a favore dei posteri. Se si lascia una firma “appiccicosa”, non è detto che si venga ricordati, in fondo il tempo logora tutto, anche le gomme da masticare che da rosee e multicolori diventano di un grigiore triste e spento come sembrano essere i nostri giorni del presente.
di Irene Monge