La rivoluzione umanista della comunicazione nell’era digitale
Dopo il distanziamento sociale del Covid-19 è necessaria un’informazione che parli di emozioni e sentimenti.
Il Coronavirus ha travolto le nostre esistenze ormai un anno fa. Ha sconvolto i nostri piani e le nostre abitudini quotidiane. Ha interrotto le nostre vite frenetiche e ha costretto la maggior parte di noi a rimanere a casa, a fermarsi e a riflettere su noi stessi.
Anche la comunicazione ha dovuto fare i conti con il Covid-19. Mai come nel 2020 gli operatori dell’informazione hanno avuto una grande responsabilità nel raccontare alla gente cosa stava accadendo nelle corsie degli ospedali, ma anche nelle città deserte, dove abbiamo assistito alla riconversione del sistema lavorativo intensificato dallo smart working e all’introduzione della DAD nelle scuole e nelle università.
Dopo un anno ci si chiede quando si tornerà alla normalità e se questo “tornare alla normalità” sarà uguale a quella dell’era del pre-Covid o se invece sarà diversa. E la comunicazione? Come dovrebbe essere nel 2021? «Durante il Covid le aziende hanno uniformato la loro comunicazione – dice Gaia Passamonti, cofondatrice dell’agenzia di comunicazione Pensiero Visibile di Verona – e tutte hanno cercato di trasmettere la propria vicinanza ai loro fruitori,usando spesso la prima persona plurale».
I numerosi slogan “Insieme ce la faremo” delle pubblicità accompagnano ormai da un anno le nostre vite e cercano di confortarle in una situazione in cui i rapporti sociali, gli abbracci, i baci e le carezze sono forse le cose che ci mancano di più. Ecco dunque che in un contesto del genere l’agenzia Pensiero Visibile propone un ritorno all’umanesimo nella comunicazione e un manifesto con nove punti chiave che potrebbero essere utilizzati nel 2021:
- Concetti come lungo, profondo, duraturo non sono più da evitare;
- Parlare di emozioni e sentimenti;
- I numeri e dati sono fondamentali, ma solo se c’è un essere umano a leggerli e interpretarli;
- Avere l’ambizione di dire qualcosa sul mondo;
- La comunicazione deve far bene alle persone nell’ambiente in cui vivono;
- Rendere visibile ciò che importa piuttosto che essere schiavi dell’estetica;
- Abbracciare trasversalmente diverse culture e discipline;
- Parole e pensieri devono essere liberi dall’abitudine o dal trend del momento per recuperare il senso.
- Una comunicazione deve essere voluta dalle persone e non subita e deve essere funzionale e portare dei risultati.
Anche se ogni media ha un suo linguaggio da rispettare, secondo il manifesto di Pensiero Visibile, la comunicazione non deve temere dunque di essere lunga, profonda e duratura. Negli ultimi anni il mondo dell’informazione ha cercato di stare al passo con i ritmi frenetici del web e dei social network per fornire notizie sempre fresche, dando però spesso delle fake news, invece di analizzare bene le fonti e di raccontare la verità.
La comunicazione è continuamente investita da numeri e dati ma, secondo Passamonti, questi non hanno alcun senso se non si cerca di dare ai fruitori dell’informazione gli strumenti giusti per comprenderli e interpretarli. Durante la pandemia siamo infatti stati continuamente investiti dai numeri dei contagi, dei ricoverati e dei morti, ma spesso senza confrontarli con il numero di tamponi fatti, non riuscendo dunque a delineare la reale situazione pandemica.
«Bisogna avere inoltre l’ambizione di dire qualcosa e di prendere una posizione – spiega Passamonti –. La comunicazione deve contenere emozioni, sentimenti e deve avere un senso, in quanto l’abbellimento estetico non è sufficiente per una trasmissione efficace delle informazioni importanti».
La comunicazione del 2021 dovrà dunque prestare ancora più attenzione alle storie e alla sfera interiore delle persone,cercando di raccontare in modo chiaro e preciso cosa sta accadendo nel mondo, senza bombardare i fruitori con informazioni poco sicure che spesso non fanno altro che generare il panico e creare ancora più incertezza nelle vite di tutti. La comunicazione nel 2021 dovrà essere quindi più pronta a raccontare la ripartenza di quanto non sia stata in grado di raccontare la pandemia.
Anche noi di “Verona In” abbiamo recentemente scritto qualcosa riguardo la comunicazione, in particolare sul rapporto tra associazionismo e pubblicità. Riteniamo che sia quanto mai necessario prima di ogni ragionamento fare chiarezza sui termini “informazione”, “comunicazione”, “pubblicità”. Il loro significato etimologico è infatti stato stravolto negli ultimi decenni e il rischio è quello di utilizzare termini a cui ciascuno dà poi significati diversi. Lascio il link all’articolo del nostro direttore Giorgio Montolli. Buon lavoro! https://www.verona-in.it/2021/01/08/farsi-pubblicita-o-fare-un-giornale-una-rete-per-fermare-la-deriva/