Cosa loro…o Cosa nostra?: La mafia uccide solo d’estate
Iniziamo oggi la rubrica ‘Cosa loro…o Cosa nostra?’ a tre giorni dall’arresto di Calvaruso, che dal Brasile stava riorganizzando la rinascita di Cosa nostra. Uno scenario simile è proposto nel film ‘La mafia uccide solo d’estate’, ambientato nella Palermo di Totò Riina, raccontata dal regista/attore Pif con i toni di una commedia drammatica.
‘Tranquillo. Ora siamo d’inverno. La mafia uccide solo d’estate’ è forse la battuta più emblematica del film, dalla quale deriva anche il titolo. Viene messa in bocca al padre di Arturo, un siciliano che, come molti altri, non si rendeva veramente conto delle strutturate organizzazioni mafiose che stavano crescendo attorno a loro. Si erano ormai abituati a vedere in tutto ‘una questione di femmene’, almeno fino a quando non vi sarà il maxi-processo contro Cosa nostra di Falcone e Borsellino. Nel frattempo però Arturo (Pif) si nascondeva nei bagni della scuola per scappare da Flora (Cristiana Capotondi), una sua compagna di classe della quale era innamorato e perciò condannato, perché come gli era stato spiegato ‘A Palermo uccidono di più le femmine che l’infarto’.
La loro storia d’amore di snoda e intreccia continuamente con alcuni dei maggiori eventi della Prima e Seconda guerra di mafia, dimostrando come sia impossibile ignorare la realtà e far finta che non esista, quando l’autobomba indirizzata al magistrato Rocco Chinnici viene fatta esplodere sotto casa tua. In molti casi l’unica soluzione sembra essere la fuga, difatti Flora e la sua famiglia se ne vanno in Svizzera, dove il padre banchiere spera di vivere tranquillo. Ma i due giovani molti anni dopo si rincontreranno, grazie alla passione per il giornalismo di Arturo, che verrà scelto proprio da Flora come inviato speciale per seguire il democristiano Salvo Lima nella campagna elettorale.
Il ragazzo nel frattempo cresce attraverso molti stimoli: dall’illustre Giulio Andreotti a Francesco (Claudio Gioè), giornalista fittavolo nella casa del nonno, che fin da giovane lo aiuterà e indirizzerà verso la carriera di giornalista, commentando con lui sia i lati belli che brutti del giornalismo, per i quali lui stesso è stato mandato al Sud a ‘fare sport’.
Uno degli aspetti più interessanti sono le descrizioni dei personaggi storici, che si dividono a pieno titolo i concetti di ‘commedia’ e ‘drammatico’. Ai personaggi negativi viene assegnata la commedia, difatti vengono presentati attraverso lo stereotipo del classico italiano mafioso, che dovrebbe strappare una risata, ma nel contesto può solo suscitare un effetto straniante del pubblico. Mentre i personaggi positivi vengono colti nel loro lato più umano, quasi come se fossero anche nostri amici, rendendo ancora più drammatica la vicenda: vengono raccontati gesti quotidiani come l’iris offerta da Boris Giuliano ad Arturo, alle simpatiche conversazioni di quest’ultimo con il giudice Rocco Chinnici a proposito della sua cotta per Flora.
Fra le scene non mancano riprese dell’epoca, in particolare degli attentati. Difatti questa storia d’amore fa solo da sfondo ai veri protagonisti, il popolo siciliano che, come ogni altro assoggettato dalla mafia, si è reso conto troppo tardi di quanto tutti quei sporchi interessi fossero diventati anche i loro e di come agli occhi degli esterni ne facessero parte, per l’appunto ‘Cosa loro…o Cosa nostra?’.