La critica cinematografica al tempo dei social
Tra riviste specializzate e web: un “quarto potere” in crisi?
di Giorgia Preti
Articolo comparso nella sezione “Cultura” del n°48 di Pass Magazine
François Truffaut, uno dei padri della critica cinematografica francese, una volta ha detto: «Tutti hanno due mestieri, il loro e quello di critico cinematografico». Quanto è vero. D’altronde i film sono fatti per far svagare lo spettatore, ma tra le tante sfaccettature che può assumere l’oggetto film, c’è anche quella dello “stimolo alla discussione”, soprattutto nell’era digitale. Se siete mai capitati su un forum di cinefili o, anche più semplicemente, su una pagina Facebook dedicata, avete capito di cosa sto parlando: orde di persone, senza limitazioni d’età, che usano il web per discutere di cinema. A volte con toni accesi (anche troppo) e senza cognizione di causa, raramente portando argomentazioni valide alle proprie tesi.
Eppure, tra gli insulti al tal regista e le indignazioni per la tal pellicola, qualcosa di buono si trova sempre. Qui sta il gap tra “opinionismo dilettantistico” e la vera critica cinematografica che altro non è che una pacata riflessione sull’argomento cinema che non si limiti a parlare di quanto l’attore Tizio non fosse adatto al ruolo impersonato, ma che possa aiutare qualcun altro, che magari il cinema non lo mastica, a capire il film e le intenzioni del regista nel raccontare quella storia.
Prima di tutto ciò, la critica cinematografica nasceva sulla carta stampata negli anni ’10 del Novecento, in netto ritardo rispetto al cinematografo, che aveva visto la luce qualche anno prima, nel 1895. I quotidiani si stavano pian piano ergendo a luogo fertile e prediletto per lo spettacolo, la letteratura e, soprattutto, il teatro, al quale il cinema aveva sottratto una quantità notevole di spettatori. Negli anni ’40 e ’50 del Novecento i quotidiani nazionali italiani non potevano definirsi tali senza uno spazio dedicato al cinema e ai divi del “grande schermo”. Lì, su quelle pagine intrise delle migliori riflessioni sul mezzo cinematografico e sui film, muovevano i loro primi passi critici del calibro di Giuseppe Marotta, Luigi Chiarini e Guido Aristarco.
Il “turning point” si ha a livello europeo soprattutto negli anni Cinquanta, quando i mensili di pura critica cinematografica non si riescono più a contare sulle dita delle mani e nuove forme di pensiero prendono piede velocemente. In Francia nasce così la Nouvelle Vague e in Italia il Neorealismo, due avanguardie nate dalle ceneri del Secondo Dopoguerra con l’intento di dare dignità al cinema, chi venerando il regista (i francesi) e chi raccontando in modo genuino la difficile ripresa dopo il conflitto (noi italiani).
Ovviamente sto semplificando, ma il succo di tutto ciò è che la vivacità di quei decenni, quando il cinema era davvero “cosa per pochi” almeno a livello discorsivo, è andata disperdendosi negli anni seguenti. Qui gli spartiacque sono due: la televisione e internet. La prima ha ripagato i film con la stessa moneta con cui esso aveva liquidato il teatro: rendendolo obsoleto. Il secondo ha esteso a tutti, indistintamente, il diritto di esprimersi pubblicamente e senza competenze in materia (oltre ad aver aperto le porte alle reti peer to peer che consentono di scaricare o guardare film in streaming, spesso in modo illegale).
La situazione della critica cinematografica nel 2018 pare apocalittica: i quotidiani sono andati sempre più riducendone gli spazi (e la qualità); i mensili hanno iniziato a chiudere i battenti, con alcune eccezioni tra cui il giovane Best Movie e il duraturo Ciak. Il cinema soffre e chi ancora cerca di sentirne l’essenza ha pochi porti sicuri dove rifugiarsi, in modo particolare se pensiamo alla giungla digitale, dove ancora resistono portali come MyMovies.
Come fare, quindi, a orientarsi e trovare una guida in questa nuova era del web? Risponderò con le parole del critico del Corriere della Sera, Paolo Mereghetti, che, intervistato nell’ambito della mia tesi magistrale, mi ha detto: «Non esiste un modo per riconoscere immediatamente la buona critica cinematografica da quella cattiva. Ciò che possiamo fare è comportarci come quando mangiamo un frutto: lo dobbiamo assaggiare per capirne il gusto, se è buono o no».
Non abbiate paura: le riflessioni sul cinema, quelle vere, esistono ancora e, nonostante abbiano ovvie difficoltà ad emergere nel caos della quotidianità dei social, possono dare qualcosa al pubblico che le sa cercare. Solo così, perseverando, la critica potrà rinascere, proprio come una fenice dalle sue ceneri e ritornare allo splendore di un tempo.