Intervista a Daniele Zanca, nuovo Presidente del Consiglio degli Studenti
Intervista a Daniele Zanca, nuovo Presidente del Consiglio degli Studenti
In seguito alle dimissioni di Stefano Ambrosini dalla Presidenza del Consiglio degli Studenti Daniele Zanca, studente del terzo anno di Filosofia, ha preso il suo posto. Daniele ci racconta come ha scoperto UDU, e il suo percorso dal Senato Accademico alla Presidenza del Consiglio degli Studenti.
Com’è iniziato il tuo percorso nella rappresentanza studentesca?
Durante il percorso di PCTO alle superiori ho conosciuto una ragazza che faceva parte di UDU. Il primo anno di università mi ha aiutato e mi ha spiegato come funziona il mondo universitario, facendomi conoscere l’Unione degli Studenti Universitari di Verona; ed è così che ho iniziato a partecipare alle loro iniziative.
Con l’inizio della pandemia ci siamo chiusi in casa, ma ho comunque continuato ad essere attivo tramite le videochiamate che facevamo.
Fino a quando un giorno ero in ANPI, e per puro caso ho trovato un foglio con scritto il mio nome per le candidature del Senato accademico.
Cosa significa per te essere un rappresentante UDU?
Essere un rappresentante è qualcosa che si fa perché è la cosa giusta da fare, non per battere qualcuno. Lo si fa per portare avanti le battaglie degli studenti.
Ricoprire questo ruolo è bello per l’esperienza che si vive, ma allo stesso tempo importante per ciò che si deve fare. Credo che esserci e ascoltare gli studenti sia importante, e la rappresentanza è proprio questo. Più sono le persone che dicono le stesse cose e più ci si fa forza l’uno con l’altro.
Durante questo percorso si impara facendo; quando si sbaglia non ci si identifica nell’errore, perché c’è sempre qualcuno di più esperto pronto a insegnarti
Cosa ti ha spinto a ricoprire questo ruolo?
Quando Stefano si è ritirato hanno pensato a me. Però mi è dispiaciuto non vedere una controproposta dalle altre liste, per quella che è la vita democratica all’interno del Consiglio. Essendo il mio nome l’unica candidatura sono qui.
Tuttavia Stefano siede ancora in Consiglio, so di avere il suo sostegno. Mi sono fidato di chi si fida di me. È grazie a loro se sto ricoprendo questo ruolo.
Come giudichi il lavoro di Stefano Ambrosini e cosa vorresti apportare durante questi mesi di mandato?
Avevamo un organo, quello del Consiglio degli Studenti, che arrivava da anni di “inutilismo” dove si erano rotti i rapporti con gli uffici, e tutto doveva essere ricominciato da capo. Lui ha lavorato in profondità e ha svolto un lavoro che io non sarei stato in grado di fare. Stefano è stato fondamentale per far ripartire tante cose.
I progetti che voglio portare avanti sono quelli iniziati da Stefano. In primo luogo ci stiamo muovendo per avere una figura che tuteli gli studenti dagli abusi di un docente o di un dipendente dell’università. C’è già chi si occupa di mobbing ma non essendo noi dipendenti dell’ateneo non possiamo subirlo.
Inoltre stiamo procedendo con un riforma della didattica su cui stanno collaborando le diverse liste, e sono contento di questa collaborazione. Infine vorrei far sentire l’organo di rappresentanza più vicino agli studenti, anche quelli delle sedi di Vicenza, Rovereto e Legnago. L’Università di Verona ha tanti problemi, ma non possiamo risolverli se non li conosciamo, perciò la comunicazione tra di noi è fondamentale.
Qual è la tua idea di Università?
Il problema che sta riscontrando l’università e il mondo scolastico in generale è che tende ad avvicinarsi all’ottica della spendibilità sul lavoro. La mia idea di università si basa su chi vuoi essere e su chi vuoi diventare. Vorrei un’università che sia gratuita, anche perché le borse di studio non ci sono sempre per tutti. Vorrei che tutti potessero accedervi per poter migliorare il loro stato sociale.
Per studiare, oltre alla volontà, devi essere messo nelle condizioni per poterlo fare. Si dice che i giovani costruiranno l’Italia del domani, ma come costruisco il paese del domani se oggi mi cadono le travi in testa? Ci basta pensare a Lorenzo Parelli che è morto poco tempo fa durante uno stage. Abbiamo bisogno degli strumenti per poter costruire qualcosa, abbiamo bisogno che ci insegnino come farlo. Perché poi succede che i giovani si laureano e se ne vanno, e si investe in un sistema che potrebbe funzionare meglio per persone che poi non restano qui.