Il green pass non risolve i problemi dell’università, secondo Udu
Dopo il comunicato dei rettori delle università venete, che approvavano l’introduzione del green pass negli atenei, Udu e Rete studenti medi sollevano alcune obiezioni.
L’appello congiunto dei quattro rettori delle università del Veneto di inizio agosto non è stato apprezzato dai rappresentanti degli studenti di scuole e università di Rete studenti medi e Udu, che si fanno sentire in vista della prossima riunione del Comitato di coordinamento delle università del Veneto. I quattro rettori, in breve, aderivano in modo convinto all’obbligo di green pass per l’università.
«Un appello immotivato e superficiale nella sua richiesta di fondo, dal momento che i giovani hanno già dimostrato un alto livello di responsabilità in tutto il territorio, prenotandosi per la prima dose di vaccinazione in massa, non appena è stato possibile» dichiara Deborah Fruner, coordinatrice di Udu Verona.
Dicevano i rettori: «L’introduzione del green pass per il personale universitario e per studentesse e studenti delle Università, annunciata dal Presidente del Consiglio dei Ministri, costituisce un forte invito a vaccinarsi e tornare così a frequentare l’università in presenza e in sicurezza».
Secondo Fruner: «I problemi rimangono ben altri e sono quelli che abbiamo lasciato all’inizio della pandemia, ancora irrisolti. Le opportunità offerte dal PNRR non sono state colte: poteva essere il momento per rifinanziare e dare dignità al mondo scolastico ed universitario, ma si è scelto di non intervenire in maniera incisiva per debellare i problemi strutturali, si è scelto di mettere semplicemente una toppa. In quest’ottica un invito a vaccinarsi, dopo la responsabilità dimostrata dalla componente studentesca in questi mesi estivi, è una presa in giro».
Aule e trasporti
Aggiunge Marco Nimis, della Rete degli Studenti Medi del Veneto: «Come possiamo pensare di garantire un ritorno in aula sicuro con aule e mezzi di trasporto sovraffollati? Finora non è stato fatto nulla per risolvere questi problemi strutturali, che già abbiamo visto quanto si siano aggravati durante la pandemia. Serve un serio investimento, che sappia offrire un servizio di trasporti di qualità e capillare nel territorio, rispettando quindi anche le norme di capienza ridotta dettate dall’emergenza sanitaria. Non possiamo pensare che l’adozione di uno strumento come il green pass possa risolvere magicamente tutti i problemi».
C’è ben poco da obiettare, sull’ultima frase di Nimis. Il green pass è uno strumento, non la soluzione. D’altro canto, però, la questione dei trasporti non è certo materia dei rettori, piuttosto delle regioni e delle province. Per quanto riguarda gli affollamenti delle aule, i rettori dicevano: «Siamo pronti a riaprire le nostre aule e i nostri spazi a piena capienza, restituendo la pienezza della vita universitaria ed il contatto continuo e ampio tra docenti e studentesse e studenti, nel rispetto di tutte le norme di sicurezza». In effetti le aule “a piena capienza” rischierebbero di creare qualche timore, se “piena capienza” dovesse significare lo sdoganamento in epoca Covid di sovraffollamenti noti in epoca pre-Covid.
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Campagna vaccinale e nodi da sciogliere
«È stata portata avanti una campagna vaccinale per certi aspetti divisiva, improntata sull’obiettivo di vaccinare più persone nel minor tempo possibile, trascurando le esigenze comunicative e informative che una simile azione comporta» commenta Deborah Fruner.
«Ora è necessario che scuole e università si adoperino per immunizzare il maggior numero di studenti possibile, mettendo a disposizione le infrastrutture necessarie entro l’inizio dell’anno, a partire da una corretta informazione e affiancando alla somministrazione di vaccini l’accesso a tamponi gratuiti per studentesse e studenti non ancora in possesso del Green Pass, come gli studenti internazionali extra Ue – che potrebbero aver ricevuto vaccini diversi da quelli riconosciuti qui –, o che rientrano in categorie di persone che non possono ricevere la somministrazione del vaccino».
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