Il coraggio di amare nonostante tutto

The leisure seeker
Tempo di lettura: 2 minuti

“The leisure seeker” di Paolo Virzì commuove il Festival del Cinema veneziano

Nelle sale dal 18 gennaio

di Beatrice Castioni

Un uomo e una donna. Due figli ormai adulti, che si preoccupano per loro e che per questo li pregano quotidianamente di restare a casa al sicuro, attorniati da medici e da persone care. Una vacanza improvvisata dei due anziani, il camper che manca nel parcheggio, i figli fuori di sé per non esserne stati avvisati. Questo è l’inizio della nostra storia. Bisogna però sapere che la madre, Ella (Helen Mirren), è gravemente malata di cancro, mentre il padre, John (Donald Sutherland), peggiora sempre più a causa dell’Alzheimer. Per questo i figli sono spaventati dall’esito che questa vacanza potrebbe avere; i genitori non sono considerati in grado di sostenere un viaggio faticoso, sia fisicamente che mentalmente. Ma è proprio qui che si sbagliano: questo percorso in camper è ciò di cui hanno bisogno poiché potrebbe essere la loro ultima avventura vissuta insieme; perché è necessario potersi sentire ancora vivi e indipendenti; perché Ella vuole fare un regalo a John, portarlo a visitare la dimora di Ernest Hemingway, scrittore del quale il marito è un grande appassionato.

I coniugi partono così verso una meta lontana, armati del loro vecchio camper, delle loro medicine e di tanta voglia di stare insieme, carichi anche di un pizzico di incoscienza. Durante il viaggio accadrà di tutto: una rapina mal pensata, una sosta dal benzinaio finita con il dimenticare la moglie alla stazione di servizio, una proiezione di foto di famiglia all’aperto con un gran seguito di curiosi. Il loro è un legame spensierato e affettuoso come se tutti gli anni di matrimonio si riducessero ad una tenera luna di miele; è doloroso e problematico quando si scopre un tradimento del passato e i malumori di entrambi sono difficili da sopportare. E’ così meravigliosamente reale, puro, si trascina il fardello del tempo che passa, della salute ormai cagionevole, ma rimane sempre costante e indissolubile. Un film che fa divertire, esorcizza la morte sempre in agguato ma allo stesso tempo la teme, mostra quale sia il vero amore, che non per forza dev’essere perfetto e senza screzi. John detesta dimenticare il passato, il nome della moglie, il fatto di avere nipotini. Ella teme di non vivere abbastanza per potersi prendere cura del marito fino in fondo. Ma ci sono dei brevi momenti, attimi perfetti, nei quali John torna da Ella, la malattia non lo attanaglia, le forze non la abbandonano, si tengono abbracciati consapevoli di ciò che hanno costruito e sono grati l’uno dell’altra. E alla fine non importa tanto la meta finale, il raggiungimento del museo di Hemingway, quanto i passi (o le miglia) percorsi per arrivarci.

Il tema della malattia, intrecciato a quello del peso della memoria, è affrontato in modo delicato e senza quei vittimismi lacrimevoli che rendono i film con questi temi non per tutti i tipi di spettatore. Non si spinge eccessivamente sulla sofferenza o sull’inevitabile destino dei due anziani, cha a causa delle loro malattie non possono nutrire molta speranza per il futuro. Una storia che ha conquistato e commosso tutti al Festival del Cinema di Venezia 74 e che insegna che la morte non spaventa più, se si ama con coraggio.

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