Tutta colpa (forse) dei geni orologio
Prendi due dei tuoi coinquilini: il primo alle 7.40 ha già studiato tre capitoli del libro di anatomia dopo un’ora di palestra. L’altro fa colazione alle 11.30 e alle 3 di notte ancora gira per casa. Chi sbaglia? Nessuno, potrebbe essere una questione di geni e orologi circadiani.
di Camilla Stefanini
Vi piace andare a dormire all’alba e vi sentite per questo spiriti ribelli? Tranquilli, potreste semplicemente avere una mutazione a uno dei geni orologio, sequenze di dna che controllano i comportamenti e processi fisiologici con ritmicità giornaliera, quali il ritmo sonno-veglia.
Una versione alterata di questi geni può infatti generare disturbi come il Delayed sleep phase disorder, che si manifesta come un ritardo di 4-5 ore nella fase del sonno e colpisce ben 5 statunitensi ogni cento. Le basi genetiche, tutt’ora ignote, sono oggetto di studio alla Rockefeller University di New York da parte del professor Michael Young, una delle figure più importanti della cronobiologia, la scienza che studia gli orologi biologici.
Lo scorso 18 settembre, l’Università di Padova ha conferito a Young il primo dottorato di ricerca ad honorem in bioscienze; inoltre, nel 2017, assieme a Jeffrey C. Hall e Michael Rosbash, il ricercatore è stato insignito del Premio Nobel per la medicina e fisiologia per aver identificato un gene chiave del meccanismo regolativo di queste oscillazioni fisiologiche giornaliere, il gene period del moscerino della frutta.
Oltre al ritmo sonno-veglia, anche metabolismo, temperatura corporea, attività locomotoria, rilascio ormonale e alimentazione sono regolati dall’orologio interno, definito circadianoperché ogni ciclo dura circa 24 ore. Il meccanismo alla base dei ritmi circadiani è conservato in tutti gli organismi terrestri, ma la fase di queste oscillazioni varia da individuo a individuo.
Tutti conosciamo qualche cronotipo mattutino, che alle 7.40 ha già studiato tre capitoli del libro di anatomia dopo un’ora di palestra, e qualche serotino, che alle 11.30 fa colazione e alle 3 di notte ancora gira per casa.
Quindi, andare a letto presto non è sempre l’ideale, poiché il momento di picco energetico giornaliero è diverso per ognuno e dipende da un intricato meccanismo fatto di geni, molecole e proteine.A 16 anni forse sarebbe stato tutto più facile, se ci fossimo presentati a casa all’alba davanti ai genitori imbestialiti sventolando come giustificazione articoli scientifici, anziché balbettando qualche ridicola scusa sulla nebbia e il traffico per strada.
Così come i ritmi circadiani influenzano molte attività quotidiane, essi sono a loro volta influenzabili e facili da disturbare. La nottata di studio intenso pre-esame, gli schermi di laptop e cellulari brillanti fino a notte fonda, le abbuffate del post-serata sono tutti input distruttivi sui ritmi naturali dei nostri organi, che risultano sfasati tra loro e con l’esterno. Siamo quindi più irritabili, meno energetici, la nostra capacità di memorizzare diminuisce, vanificando lo sforzo delle sedute di studio notturno.
Oltre ad avere effetti immediati sull’umore e sulla performance, il continuo maltrattamento dei cicli biologici può portare a disturbi psichiatrici, immunitari e metabolici.
Che ci piaccia o meno alzarci presto, tutti dobbiamo adattarci ai ritmi imposti dalla società, come gli orari di lavoro e di lezione, e per alcuni, i cronotipi serotini in primis, ciò comporta un deficit cronico di sonno.
Questo tipo di alterazione del ritmo biologico prende il nome di “jet-lag sociale” ed è considerato una vera e propria sindrome che secondo alcune stime colpisce circa il 70 per cento della popolazione europea. Provate a pensare a quante volte ritardate la sveglia e quanti caffè vi servono per capire i professori alla prima ora di lezione e capirete subito se ne siete immuni o affetti.