“Gap year”, questo sconosciuto (in Italia)

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Che sia per viaggiare, lavorare o entrambi, l’anno sabbatico finite le scuole superiori è ormai la norma tra studenti americani ed europei. In Italia, invece, proprio non attacca. Anzi, si rischia di passare per perditempo.

di Camilla Stefanini

Prendersi un anno di pausa può davvero essere utile e non farci soltanto sentire in “ritardo” rispetto ai coetanei? Sentiamo che ne pensano due ventenni di un gruppo di danesi e svedesi, che stanno passando tre mesi del loro gap year come volontari in orfanotrofi della Tanzania.

Nathalie, Ida, raccontateci chi siete e che progetti avete per il vostro anno sabbatico.

Ida: Ho vent’anni, vengo dalla Danimarca e in realtà per me sta iniziando il secondo gap year. Dopo la scuola ho lavorato in una casa di riposo e in un supermercato, viaggiato in Australia e Nuova Zelanda. Tornata dalla Tanzania andrò di nuovo in Australia, poi Canada e Stati Uniti. A settembre 2020 mi iscriverò a ostetricia.

Nathalie: Sono svedese, 19 anni, questo è il mio primo anno sabbatico. Da giugno ha lavorato contemporaneamente in due supermercati, in un magazzino e in un bar per pagarmi questi tre mesi in Africa.

Di ciò che state imparando in questi mesi cosa pensate vi sarà più utile per le vostre scelte future?

N. Alla fine delle scuole superiori avevo le idee molto confuse, fare esperienze diverse mi sta aiutando a capire quali sono i miei veri interessi. Per esempio, da questo mese di volontariato ho capito che lavorare con i bambini non fa per me (ride, ndr). Inoltre, sto imparando a gestire il mio denaro e il mio tempo. Nessuno ti dice cosa fare e quando farlo, come a scuola, tutto ciò che fai è solo tua responsabilità.

Credete sia più utile investire questo tempo facendo esperienza nel proprio campo di interesse oppure lanciarsi in attività mai provate prima?

I. Penso sarebbe utile provare il lavoro a cui aspiriamo, se c’è la possibilità e se si ha già un’idea, ma solo per un po’. L’ideale per me sarebbe esplorare diverse possibilità all’interno di un settore lavorativo che ci interessa, ci sono tante professioni che di solito non prendiamo in considerazione e che potremmo rivalutare. Non avevo mai pensato ad ostetricia fino a qualche mese fa.

N. Viaggiare può essere utile per avere una visione più ampia su un lavoro, fare l’insegnante in Svezia non è come fare l’insegnante in Tanzania, persone diverse possono svolgere la stessa professione in modo differente e darci punti di vista differenti.

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Non c’è il rischio di interrompere gli studi dopo aver provato la soddisfazione di portare a casa lo stipendio?

I. Nei nostri paesi ciò non accade quasi mai, semplicemente perché per qualsiasi lavoro che permetta di arrivare senza fatica a fine mese è necessario un titolo universitario. Le esperienze extra-scolastiche sono importanti per ottenere un impiego, ma sono i titoli di studio che fanno la differenza. Posso prendermi uno, due o anche tre gap years, ma so che alla fine dovrò tornare a studiare, se voglio ottenere un lavoro soddisfacente.

E se alla fine di questo anno sabbatico ancora non avrete le idee chiare su cosa volete specializzarvi?

N. Continuerò a lavorare, viaggiare e provare nuove esperienze finché non deciderò. Non voglio iniziare l’università se non sono sicura, sarebbe solo una perdita di tempo e denaro. Punto a iscrivermi a settembre 2020, dopo un tour del sud-est asiatico, se avrò le idee chiare. Altrimenti, mi prenderò tranquillamente un secondo gap year.

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