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La tipica critica che viene rivolta alla nostra generazione sociale e tecnologica è quella che si avvale del paragone con il passato: “Ai miei tempi…”, “Quando ero giovane io…”, ma la verità è che queste argomentazioni non posso essere ritenute valide poiché sono errate in partenza: non viviamo più in quel periodo, ora abbiamo diversi mezzi a nostra disposizione che sono cambiati e che non possono essere oggetto di qualcosa di diverso da una semplice analisi o un paragone. Non si può essere criticati e rimproverati solo per essere nati negli ultimi decenni del XX secolo; la nostra non è una colpa.
Non si tratta del solito articolo sull’uso della tecnologia con i suoi pro et contra ma piuttosto una leggera analisi sulle domande che, come un tarlo, possono insinuarsi lentamente nella nostra mente e che mettono in dubbio il nostro vivere.
G2TU: perché postare o twittare qualcosa? Capita infatti di farlo con leggerezza ma, se si ragiona sul fatto, capita di sentirsi ‘un goccio’ presuntuosi o forse importanti? Perché agli altri dovrebbe interessare ciò che facciamo? La smania di comunicare è positiva, ma a che livello è la qualità?
Cosa si prova ricevere un like o un retweet? Perché si percepisce un senso di soddisfazione? Perché ci si presta così tanta attenzione? Si è davvero dei narcisisti? E’ attenzione quella che stiamo? DUCT? Un po’ di sano egocentrismo non guasta, ma è difficile sapersi regolare.
Capita spesso di ripetere che i social si usano solo per passatempo e che ci si limita ad una rapida occhiata, come quella che si può dare ad una rivista leggera; ma è davvero così? IMHO, con tutto il tempo che si spende sui social media ci si potrebbero fare tantissime altre attività molto più lucrose e produttive … La cosa peggiore è che ne siamo consapevoli e nonostante ciò non riusciamo a lasciar da parte il cellulare CMIIW.
FTR quest’autunno è stata lanciata una nuova sitcom americana sul canale ABC chiamata Selfie che dipinge la nostra società come dipendente dai social media e afflitta da un interesse compulsivo per posting online.
Nella serie tv, Henry, figura anticonvenzionale e anacronistica, si domanda: “Why does our generation feel compelled to tweet every item that goes into their mouth? ”, descrive i social media come: “This giant fingernail scratching our itch for constant attention” LOL e continua con: “I found rather easy not to create personal connections in a city that only values wireless connection” CSL che possono considerarsi due battute decisamente umoristiche nel vero senso della parola, o meglio per come lo intendeva Pirandello, vale a dire un sorriso compassionevole che ci fa riflettere, SOH.
Purtroppo bisogna riconoscere un aspetto negativo: questo nostro mondo virtuale diventa un impedimento e una maledizione quando intralcia il nostro linguaggio, il nostro comunicare o i nostri rapporti interpersonali, quando non riusciamo a donare alla persona accanto la completa attenzione perché abbiamo sentito il richiamo di un beep o una vibrazione, quando ci ritroviamo in una stanza piena di persone che non conosciamo e la prima cosa che ci viene in mente è tirare fuori il cellulare, fosse anche solo per non sembrare quella/quello che fissa nel vuoto, OMG!
BTW la cosa peggiore è che troviamo così inusuale parlare con uno sconosciuto che se qualcuno lo fa può sembrare lui quello strano, l’outcast, che ci importuna e disturba …WTF?
Quante occasioni sprecate per colpa della nostra insicurezza e magari pigrizia… Si potrebbe incanalare il coraggio usato per postare qualcosa nell’incominciare una socievole conversazione. Una chiacchierata può risultare salutare, divertente e perfino liberatoria a volte, quindi spegniamo i cellulari (ok, magari li mettiamo silenziosi) e proviamo a instaurare un dialogo con la persona di fianco a noi, magari ci sorprenderà, chi può dirlo? La vita non smette mai di sorprenderci e così anche le persone, riscopriamo la gioia di colloquiare e cominciamo a socializzare davvero, YOLO.
TTYS
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di Cecilia Aicardi