Cosa succede se il coinquilino ha la febbre (nel 2021)
Premessa: alla fine il Covid non l’ho neanche incrociato. Ma l’ansia c’è stata e, a dire la verità, solo in piccola parte era dovuta ai possibili effetti del virus.
Sono uno studente fuori sede, abito in una casa con altri fuori sede e vivo una vita da fuori sede. E anche se in tempo di pandemia la mia è una specie in via d’estinzione, i pochi sopravvissuti sanno come ci sente a stare lontani dalla propria casa, sapendo di poterne fare tranquillamente a meno.
Il mio coinquilino ha la febbre accompagnata da un leggero mal di gola.
Il terrore mediatico ci ha insegnato ad avvertire questi come i primi sintomi del Covid, assieme alla perdita di olfatto e gusto.
Intanto l’aria inizia a diventare pesante.
Cerco un modo per affrontare la situazione: chiamare il numero verde regionale del Veneto è la prima scelta che faccio.
Il centralino risponde, e cortesemente mi viene spiegato che i fuori sede hanno poche soluzioni. Una di queste è quella di chiamare la guardia medica, in quanto il medico personale ha potere sino al confine della propria regione.
Ore 17.00. Chiamo la guardia medica, ma aprirà solo alle 20.00.
A questo punto ha inizio un periodo di tre ore che mi è parso durare decenni.
Intanto ho scritto a tutti i possibili contatti della settimana passata, per informarli della possibilità che fossi stato infetto.
Arriva l’ora, chiamo la guardia medica per prenotare un tampone al mio coinquilino. L’esperienza non è stata tra le migliori, e non riusciamo a trovare il modo per andare a recuperare la prenotazione del tampone. Sprovvisti di mezzi personali e conoscenze in grado di andare a ritirare l’impegnativa, decidiamo di chiamare la protezione civile, come indicato dal numero verde.
Anche lì, nulla.
Arrivano le 21.30, e in casa siamo totalmente ignari del nostro futuro che, in caso di positività del coinquilino, sarà quello del confinamento fiduciario per 10 giorni. Sempre se noi non siamo stati contagiati. Molto raro, se si vive assieme.
È stato qui che abbiamo deciso, con non poca riluttanza, di chiamare il 118. Se non per essere soccorsi, almeno per capire come fare.
Alla fine l’ambulanza arriva, porta il coinquilino in ospedale, tampone, negativo, urla di gioia, diagnosi: tonsillite.
Ora, questa esperienza penso si possa ripetere in casi simili a molti studenti fuori sede.
Sicuramente, avremmo potuto agire con molta più calma, rigore e oggettività, ma in quel momento è stato difficile.
Non solo la realtà ti si attorciglia addosso improvvisamente, ma ti sembra di essere solo, abbandonato.
Così non è, e questa non può essere quindi una critica al sistema.
È più un invito. Un invito a reagire con compostezza e prontezza di riflessi, a non lasciarsi prendere dall’ansia e dalla negatività.
Fare ciò che ti dicono di fare, in questi casi, funziona.
Perciò, in caso avessi un sospetto, chiama il numero verde regionale. Lo trovi qui.
Non uscire di casa se non per motivi estremamente validi, almeno fino a quando non sei sicuro di essere negativo.
In caso di positività, invece, il protocollo attuale impone una quarantena di almeno 10 giorni, con un tampone da ripetere dopo cinque giorni dal primo.
Non è la prima volta che parliamo di fuori sede e delle varie difficoltà ad essi legati.
Se vuoi, leggi qui.
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