“Colpire al cuore”. La propaganda nella Grande Guerra

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Colpire al cuore. Bastano tre parole per riuscire ad esprimere il dolore inferto alle migliaia di persone durante la Prima Guerra Mondiale, combattuta cento anni fa, ma che ha lasciato una profonda cicatrice negli animi di chi l’ha vissuta ed il cui ricordo si perpetua fino ai giorni nostri.
In occasione del centenario dello scoppio della Grande Guerra, dal 21 novembre al 22 dicembre 2014 è stata organizzata un’esposizione di ventisei manifesti adoperati come mezzo di propaganda dalle nazioni belligeranti. Ideata e coordinata dal Direttore del Master in Editoria, Federica Formiga, e dal Coordinatore didattico, Alessandro Bigardi, insieme ai loro allievi, la mostra è stata allestita presso la Biblioteca Frinzi grazie al contributo della direttrice, Daniela Brunelli, che ha gentilmente offerto gli appositi spazi. La sua realizzazione è stata possibile tramite il recupero dei manifesti tra le fonti dell’Imperial War Museum di Londra, della Library of Congress di Washington e dell’istituto Wolfsonian di Miami Beach. Un ringraziamento va rivolto al Dipartimento TESIS per l’allestimento della mostra e per la realizzazione della guida illustrata ed in particolare al professor Valerio Terraroli, docente di storia e critica dell’arte che ne ha supervisionato il lavoro. Inoltre la mostra è un’occasione per esprimere riconoscenza e omaggiare il professor Giancarlo Volpato, docente di Bibliografia e Biblioteconomia, che quest’anno si congeda dall’attività universitaria.
Nel 1914 sono stati arruolati 5 milioni di uomini per combattere una guerra che si pensava si sarebbe estinta in qualche mese, ma non è stato così. Problema cruciale è stata l’ingente spesa per il mantenimento degli uomini al fronte ed i costi degli armamenti. Oltre ai prestiti bancari, gli Stati si sono affidati al patriottismo dei cittadini: si cerca di convincerli a cedere denaro per finanziare le spese belliche attraverso la propaganda, soprattutto con manifesti e cartoline postali, le quali, come ricorda nella guida illustrata Giuseppe Battaglia «Ancor oggi queste cartoline pubblicitarie sono guardate volentieri dai collezionisti […]. Anche le frasi usate […] sono tali che possiamo farle rientrare in una letteratura particolare».
Così milioni di manifesti, accuratamente controllati dalle agenzie governative, hanno tappezzato tutte le città d’Europa. È stato scelto il manifesto in quanto strumento comunicativo di grande impatto, diretto ed efficace già ad inizio Ottocento quando, in bianco e nero con una scrittura tipografica lineare e compatta, svolgeva una funzione pubblicitaria per i primi prodotti industriali.
Con lo scoppio della guerra, invece, il manifesto perde momentaneamente questa funzione per diventare un mezzo propagandistico.
L’Impero Britannico se ne avvalse per mostrare il fascino della vita del soldato e, soprattutto, per incitare il reclutamento, dato che non esisteva la leva obbligatoria, come mostra il celebre slogan “Wants you!” di Alfred Leete, in cui il gesto dell’indice puntato verso l’osservatore era un chiaro richiamo al reclutamento, gestualità ripresa poi anche nelle affissioni degli illustratori statunitensi.
Gli affiches della Francia, invece, mostrano uno stile più sofisticato e un richiamo alla storia dell’arte dovuto ad immagini allegoriche, grazie all’aiuto di pittori professionisti: il suo scopo era quello di indurre la popolazione a dare un contributo economico alla nazione per supportare i propri soldati al fronte. Avvicinandosi allo stile dei manifesti francesi, anche l’Italia esprimeva il bisogno di ulteriori finanziamenti per far fronte alle eccessive spese belliche, quindi si è rivolta ai suoi cittadini per un sostegno economico. Emergono caratteristiche diverse nei manifesti della Germania: innanzitutto non voleva persuadere la gente ad arruolarsi, ma cercava finanziamenti economici, in secondo luogo lo stile, al contrario dei suoi nemici, si rifaceva alla maniera Sachplakat (ovvero “manifesto oggetto”), sperimentata ad inizio Novecento, che prevedeva un uso astratto delle forme, divenuto poi uno degli elementi caratterizzanti dei manifesti tedeschi, insieme ai caratteri gotici tipici della tradizione germanica, in opposizione al carattere romano adottato in Italia, suo nemico.
Pertanto questa esposizione ha dato l’opportunità di capire e vedere da vicino come i mezzi di comunicazione, già un secolo fa, fossero incisivi e persuasivi, e soprattutto ha mostrato una “nicchia” della realtà quotidiana in tempi bellici, spesso ignorata o presa poco in considerazione.
di Alessia Venturi

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