Chiamami col tuo nome
Un romanzo di formazione che ribadisce il primato del desiderio
di Francesca Zanoni
Chiamami col tuo nome, il nuovo film di Luca Guadagnino nelle sale italiane dal 25 gennaio 2018, ha ottenuto 4 nomination per i prossimi Academy Awards nelle categorie: miglior film, miglior attore protagonista (Timothée Chalamet), miglior sceneggiatura non originale di James Ivory e miglior canzone, Mystery of love di Sufjan Stevens.
Era dal 1999 con La vita è bella di Roberto Benigni che un film italiano non concorreva all’ambita statuetta. Pensato come un prodotto di respiro internazionale e apprezzato successivamente anche in Italia, è stato designato dalla critica come uno dei migliori film dell’anno e ha ottenuto tre candidature al Golden Globe 2018, insieme ad altri riconoscimenti al Sundance Film Festival, a Berlino e a Toronto.
Il film rappresenta l’ultimo capitolo della “trilogia del desiderio” pensata da Guadagnino, dopo Io sono l’amore (2009) e A Bigger Splash (2015) e sposta lo sguardo dal corpo androgino di Tilda Swinton, protagonista dei primi due film, a quello del giovane Thimothée Chalamet attratto dal bellissimo e scultoreo Armie Hammer.
Guadagnino ha dichiarato di essersi ispirato a sceneggiatori quali Jean Renoir, Eric Rohmer e Bernardo Bertolucci, del quale figura più di un riferimento a Io ballo da sola, e ha proseguito la sua esplorazione sul concetto di desiderio adattandola all’omonimo romanzo di André Aciman, pubblicato nel 2007.
La versione cinematografica è ambientata in un bucolico scenario della campagna cremasca (zona in cui risiede il regista), nella calda estate del 1983, mentre nel romanzo i luoghi sono quelli della riviera ligure. Chiamami col tuo nome è un lento e inteso racconto di formazione riguardante la vita del diciassettenne Elio, che parte per un viaggio alla scoperta di sé stesso attraverso la passione che nasce per Oliver.
Questo desiderio, dapprima silenzioso e nascosto, si insinua a poco a poco nel giovane e culmina nel momento del suo progressivo disvelamento. Nel film questa attesa, che si può ritrovare nel “later” ripetuto a più riprese da Oliver, è permeata da una sensualità e un erotismo che si celano anche nei numerosi riferimenti a un mondo classico e a una bellezza di cui diviene immagine il corpo e la sua armoniosa perfezione.
Sarà la fine di quell’amore estivo a segnare profondamente la vita del giovane e a far scaturire nel suo animo un altro sentimento fondamentale dell’esperienza umana, quello del dolore, per cui “rinunciamo a tanto di noi per guarire più in fretta del dovuto, che finiamo in bancarotta a trent’anni, e ogni volta che ricominciamo con una persona nuova abbiamo meno da offrire”, citando alcune parole tratte dal monologo finale del padre.
Un ruolo importante in questo lungometraggio è rivestito della musica, come ha spiegato il regista stesso, che ha scelto per la colonna sonora dei pezzi che passavano in radio durante quell’estate e che rievocano l’atmosfera degli anni ‘80: Paris Latino dei Bandolero, Love My Way degli Psychedelic Furs e Radio Varsavia di Loredana Bertè e Franco Battiato sono alcuni tra i titoli scelti. Guadagnino ha voluto inoltre la collaborazione una voce narrativa non tradizionale, quella di Sufjan Stevens, capace di evocare immagini diverse a seconda del proprio stato emotivo.