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Ma chi se la ricorda la canzone “24 mila baci” di Adriano Celentano? Ma, in effetti, perché proprio a lui e a questa canzone dovremmo mai pensare?
“Amami, ti voglio bene! Con 24000 baci oggi saprai perché l’amore vuole ogni istante mille baci”. Celentano con quella sua voce si rivolge a una donna misteriosa e la invita ad amarsi e a scambiarsi migliaia di baci.
E a questo punto sapete chi più di tutti questo testo mi ricorda? La mia mente viene ora catapultata in una Roma tardo-repubblicana del I secolo a.c! Più precisamente, mi viene alla mente Gaio Valerio Catullo e il suo bel Liber. E che cosa sarà mai? Il Liber è una raccolta di frammenti di poesia ed è formato da 116 carmi suddivisi in 3 sezioni, la prima delle quali è stata chiamata Nugae dal latino “bazzecole, sciocchezze” per indicare e racchiudere i carmi dedicati al tema della passione bruciante, dell’amore contrastato che genera dissidio dell’anima. Scrivere di questi argomenti, all’epoca, non era ben visto. Di queste poesie quella su cui mi soffermo è il Carme 5 nel quale Catullo esordisce con la celebre ed imitata frase: “Vivamus mea Lesbia, atque amemus”.“Viviamoci, mia Lesbia, e amiamoci”.
La passione, l’amore per Lesbia sono descritti come appaganti e felici. Le tenebre della gelosia sono celate. E’ un esortazione all’amarsi, al vivere la passione amorosa lontana dalle frustrazioni del tempo che incessantemente scorre e non si ferma per nessuno.
Anche Celentano bene se n’è accorto duemila anni dopo Catullo, quando, con la sua voce, ci canta: “con 24000 baci felici corrono le ore, d’un giorno splendido, perché ogni secondo bacio te.” Questo toccante invito a vivere il sentimento nasce dall’amara consapevolezza della caducità e della brevità dell’esperienza umana. Catullo esorta la sua Lesbia ad amarsi, e a vivere il tempo che hanno a disposizione appieno, ignorando i commenti dei più vecchi, le opinioni degli invidiosi. E’ un invito ad amarsi felicemente, a darsi cento e mille baci, altri mille ancora fino a mescolarli e a non sapere quanti se ne sono dati. Perché per Catullo la vita è breve (e le ore corrono anche per Adriano), il sole può sorgere, tramontare e sorgere ancora ma lascia indietro senza curarsene, l’uomo. La nostra vita è una breve luce in questo universo e la notte eterna ci prenderà inevitabilmente.
Catullo faceva parte di quella nuova corrente di poeti che un Cicerone ormai maturo e civilmente impegnato denigrava per quel loro modo di poetare e scrivere con forte desiderio di innovazione e che con disprezzo definiva Poetae Novi. Lontano dunque dal genere epico e drammatico, avulso dalla poesia a scopo sociale e politico, Catullo nel suo libellus affronta il tema d’amore spinto dal desiderio di dar voce a quei sentimenti che urlavano inascoltati dentro lui. E l’eco delle sue parole , dei suoi scritti e delle sue preoccupazioni giunge ancora a noi in un’epoca sì diversa e mutata, eppure ci fa accorgere di come l’emozione e il sentimento siano immortali e sopravvivono al tempo.
di Diana Gualtiero