All’Università di Verona un murale per Davide Caprioli
Alle 10.25 del 2 agosto 1980 una bomba esplodeva nella sala d’attesa della stazione ferroviaria di Bologna Centrale: 85 morti e oltre 200 feriti. Si trattò di uno dei più gravi attentati terroristici avvenuti in Italia nel secondo Dopoguerra, indicato come uno degli ultimi atti della cosiddetta strategia della tensione.
In quella terribile strage trovò la morte un giovane veronese di 20 anni, Davide Caprioli. Come tante altre vittime, stava rientrando dalle vacanze e si trovava nella stazione di Bologna in attesa del treno che lo avrebbe riportato, insieme alla fidanzata Ermanna e alla madre di lei, a Verona. Davide era studente universitario nell’allora facoltà di Economia e Commercio di Verona.
Per commemorare Davide, e con lui tutte le vittime della strage di Bologna, il rettore dell’università di Verona, Pier Francesco Nocini ha accolto la proposta del Consiglio degli Studenti, con approvazione del Senato accademico, di dedicargli un murale, esposto nell’atrio del polo umanistico con accesso dal Chiostro San Francesco.
La cerimonia d’inaugurazione del murale si è tenuta proprio ieri, lunedì 2 agosto, a 41 anni dalla strage, alla presenza della prorettrice Donata Gottardi, del presidente del Consiglio degli Studenti Stefano Ambrosini e di Cristina Caprioli, sorella di Davide.
Il murale
In questa opera, composta da un trittico di pannelli di cartone intelaiato, l’artista Andrea Tarli ha immaginato una scena tra realtà e surrealismo in cui Davide Caprioli suona una chitarra rotta, seduto tra le macerie della stazione di Bologna poco dopo lo scoppio della bomba. La pensilina crollata, i primi soccorritori improvvisati e l’orologio fermo alle 10.25 sono diventate le iconiche immagini di quel 2 agosto.
L’opera ha, quindi, due atmosfere diverse che il trittico aiuta a leggere, quasi fosse un fumetto: un primo piano, statico, dove Davide è protagonista dell’opera, seduto mentre cerca di suonare una chitarra distrutta, metafora dei suoi sogni infranti; un secondo piano, dinamico, introdotto dal suo sguardo, che indaga le persone indaffarate nel prestare soccorso, inondate da una luce forte, irreale, come fosse una vecchia foto sovraesposta, a ricordare quanto accaduto in quel lontano 1980. L’utilizzo del cartone, rovinato in alcuni punti, ed il colore che a tratti lascia spazio al nudo supporto, è funzionale a creare una somiglianza con una vecchia polaroid, che il tempo ha immortalato per non dimenticare quanto è successo.